Tra i ricordi più belli della mia infanzia a Viareggio c’è senza dubbio la piccola e caratteristica Chiesina del Porto o Chiesina dei Pescatori. Nelle calde sere d’estate ci trovavamo con la famiglia di mio zio e andavamo a passeggio sul molo. Una delle tappe obbligate del nostro giro, era questo piccolo edificio religioso, assolutamente diverso da qualunque altra chiesa, che trasmetteva al tempo stesso semplicità e solennità, in un’atmosfera di pace assoluta.
L’edificio sembra più un’abitazione che un luogo di culto, fatto salvo un minuscolo campanile a vela, di mattoni rossi, che si affaccia sul tetto, restaurato nel 2006. L’interno parla di mare in ogni angolo: le panche sono fatte da massicce tavole di legno e catene navali, l’acquasantiera è una grande conchiglia, la statua della Madonna è sorretta da un’ancora. Il tetto è a chiglia di navicello, le pareti sono bianche e spoglie tranne quella di fondo che è lavorata a ritagli di travertino con pitturati con una vernice rossa frasi e simboli religiosi. Qui è murato il Tabernacolo fatto di ferro, la cui porticina ornata di due pezzi di catena saldati a forma di croce. L’altare è un blocco di travertino, simile a quello di cui è composto il molo, e al di sopra si trova un crocifisso in tavole di legno dipinte, tanto semplice quanto bello. Varcando la porta d’ingresso della chiesa, ornata da fiori e nascosta nel verde, sembra di entrare in una barca.
La storia di questo luogo è molto particolare: qui c’era l’antica Stazione Sanitaria Marittima, eretta dopo la Prima Guerra Mondiale e la pandemia di Influenza Spagnola. Le barche battenti bandiera gialla e gli equipaggi che venivano bloccati in porto dovevano passare di qui per la disinfezione. Durante la Seconda Guerra Mondiale questa infrastruttura fu abbandonata e in seguito smantellata, versando in pochi anni in condizioni molto precarie, con il tetto e una parete crollati.
Divenne allora rifugio di Primetta, la prostituta del porto che viveva qui con sua madre, il suo convivente e due dei suoi quattro figli.
Nel 1956 arrivò a Viareggio Don Sirio Politi (1920-1988), carismatico sacerdote del movimento dei Preti Operai, che chiese e ottenne dal comune una sistemazione per la donna e la sua famiglia, che poterono trasferirsi in una casa al quartiere Varignano. Più tardi divenne anche il tutore dei due bambini. Lui, che lavorava come operaio nei cantieri della Darsena, ottenne l’autorizzazione a erigere qui una cappella con annessa una piccola abitazione: era nata la Chiesetta del Porto.
Di lì a poco quel luogo divenne un punto di riferimento per il quartiere e per gli operai Viareggini, nei difficili anni delle lotte sindacali. La comunità dei preti operai crebbe e si aggiunsero ad esempio Don Beppe Socci (1939-1998) e Don Luigi Sonnerfeld, che -ormai anziano- abita ancora nella piccola casa adiacente alla Chiesetta. In questa dal 2002 sono state traslate le ceneri del suo fondatore, Don Sirio Politi, che riposano sotto la significativa frase “la morte non chiude la Storia”. Molte sono infatti le tracce lasciate dall’esperienza sua e dei suoi compgani, sia nella memoria storica che nel concreto. Tra i primi si può citare il famoso episodio del “salto del muro” del 1961, quando Don Sirio scavalcò il muro dello stabilimento Fervet per andare a celebrare Messa con gli operai in sciopero, nonostante il divieto aziendale. Fatto che secondo me meriterebbe di essere ricordato da una lapide per l’importanza che ebbe nella storia cittadina. Come eredità concreta si può tra le altre cose ricordare l’istituzione della cooperativa CREA, insieme anche ad altri Preti Operai tra i quali Don Rolando Menesini (1926-2011), molto attiva nel sociale, soprattutto con disabili e anziani.
Un brano scritto nei primi anni ’60 da Don Sirio dà bene l’idea del clima che si viveva in quegli anni difficili e al tempo stesso pieni di speranza.
“Ogni mattina, appena tacciono le sirene dei cantieri, suono la piccola campana posta sul tetto della Chiesetta: è nascosta fra i pini ed è di tra il verde che sbucano fuori i rintocchi a distendersi nel bosco degli alberi delle barche assiepate tutt’intorno, quasi accovacciate sull’acqua a dormire ancora, nonostante lo splendore del sole.
È l’ora della messa, è l’ora del lavoro e mi accompagna all’altare l’orchestrale di una musica vera. Alla fuga classica dei primi colpi di mazza rispondono suoni più lontani, colmati di eco profonde, il martellare secco dei calafati e poi le lamiera battute a suono metallico. Si accende, allora, qualche rumore di peschereccio e spesso fanno coro quelli dei grossi motoscafi in prova; le voci delle seghe a nastro cantano l’ultima pena del legno mentre irrompe violento l’inno trionfale dei martelli pneumatici che raccoglie ed unisce ogni altro rumore in un a solo potente”.
Da un lato la chiesa confina con l’antico Moletto Sanità, del 1871-73, che congiunge la Darsena Toscana (già Darsena Nuova, costruita nel 1910) al Burlamacca e i cui mascheroni in metallo sorreggono antichi anelli per l’ormeggio, sui quali aleggiano vecchie leggende marinare. Da questo lato, sulla parete esterna della chiesa si trova lo splendido murale del Cristo dei Pescatori, realizzato nel 1976 da Giovanni Lazzarini, in arte Menghino (1923-2003) e restaurato nel 2019.
Dal lato opposto si trova invece un giardino, che Don Sirio chiamava il Campo della pace e che negli anni ‘90 è stato sistemato su progetto di Franco Anichini, diventando la Piazzetta Medaglie d’oro di Lunga Navigazione. Qua si trova un grande Monumento al Lavoro formato da una gigantesca ruota dentata e da un’ancora e due gradinate dei mattoni a bella vista che formano un piccolo anfiteatro per spettacoli.
Senza dubbio si tratta di uno dei luoghi più interessanti e caratteristici di Viareggio, un’oasi di pace a pochi metri dalla Passeggiata chiassosa, ma quasi sconosciuto ai turisti che affollano il lungomare. Un angolo di pace da non perdere per capire l’anima e la storia di questa città.
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