Le recenti serie televisive, da quelle di impronta storica come i Tudors, i Borgia e i Medici, a quelle fantasy come il Trono di Spade, ci hanno abituati a pensare al Medioevo e il Rinascimento come a un’età di intrighi e congiure, oltre che di splendori artistici.
Intrighi di corte, cospirazioni e omicidi, il nostro passato fu segnato da una lunghissima serie di sordide trame, spesso sfociate in cruenti fatti di sangue.
Nel Quattrocento per esempio, finirono ammazzati, nell’ambito di complotti nobiliari, i duchi di Milano Giovanni Maria Visconti (1412) e Galeazzo Maria Sforza (1476), mentre a Firenze, nel 1478, Lorenzo de’ Medici riuscì a sopravvivere alla congiura ordita dalla famiglia de’ Pazzi, a differenza del fratello Giuliano.
Era un modo per regolare i conti del potere, che proseguì per tutto il Cinquecento, continuando a coinvolgere, nei molteplici Stati e Staterelli della Penisola, le più illustri famiglie del tempo.
Queste sono solo alcune delle grandi cospirazioni divenute celebri e passate alla storia, ma ve ne furono molte altre, a volte meno note. E anche Lucca ebbe la sua buona dose di congiure e tradimenti, tra le grandi famiglie cittadine, giustificate da ideali di libertà o brama di potere. Di seguito alcune delle più importanti:
I Forteguerra
Nel 1384 moriva Francesco Guinigi e il peso politico della fazione avversa ai Guinigi, capeggiata dalla famiglia dei Forteguerra, crebbe notevolmente.
La tensione politica divenne man mano più grave e cominciò a venire meno ogni possibilità di mediazione; lo scontro si fece frontale alla fine degli anni Ottanta: l’egemonia dei Forteguerra, e in particolare il prestigio di Bartolomeo Forteguerra, furono osteggiati dalla fazione guinigiana.
Nel Luglio del 1390 Lazzaro Guinigi e i suoi seguaci corruppero i funzionari addetti alla selezione di coloro che avrebbero dovuto rivestire la carica di anziano nel biennio settembre 1390 – settembre 1392 , in modo che ne venissero esclusi molti degli oppositori; così lo stesso Bartolomeo si vide escluso dalla rosa dei nominativi. La situazione, fattasi via via più tesa, raggiunse il suo punto di rottura il 12 Maggio 1392: il dissenso tra le due fazioni degenerò in uno scontro armato di violenza inaudita, nel quale il Guinigi e i suoi partigiani ebbero la meglio. Seguito da uomini armati, egli si diresse al palazzo degli Anziani dove il gonfaloniere Forteguerra Forteguerra, cugino di Bartolomeo, fu sorpreso e barbaramente ucciso; il giorno dopo lo stesso Bartolomeo fu condannato a morte: era la sanzione della definitiva vittoria della famiglia Guinigi.
La congiura fratricida
La congiura avvenne la sera del 15 febbraio 1400, ai danni di Lazzaro Guinigi, primogenito di Francesco Guinigi.
Antonio Guinigi, fratello di Lazzaro, insieme al cognato Nicolao Sbarra (che, sebbene avesse sposato una sorella del Guinigi, era pur sempre nipote di Bartolomeo Forteguerra, ed era stato testimone dei tragici fatti del 1392), si recarono a casa di Lazzaro Guinigi e, sorpresolo mentre era a scrivere al tavolino, lo uccise a colpi di pugnale. I due cercarono quindi inutilmente di sollevare la città, ma furono catturati dalla brigata dei Guinigi: ai due uccisori, Antonio (nome che d’ora innanzi resterà escluso dai nomi della famiglia) e Nicolao Sbarra fu mozzato il capo il giorno seguente di fronte alla cittadinanza in pubblica piazza.
Secondo alcune ipotesi Antonio avrebbe avuto un movente complesso, che comprendeva sia il risentimento suscitato da alcune offese non meglio identificate recategli da Lazzaro, sia una situazione critica dal punto di vista finanziario, in quanto Lazzaro era creditore dei fratelli Bartolomeo e Antonio per la cifra di 998 fiorini e i due, riconosciuto il debito, avrebbero ipotecato a Lazzaro tutti i propri beni.
Celebrati onorevolmente i funerali nella chiesa di S. Francesco, in una città presidiata da uomini armati, il Lazzaro Guinigi fu sepolto nella cappella di famiglia nel chiostro di San Francesco.
La cacciata di Paolo Guinigi
Nel febbraio del 1430 i Fiorentini premevano di assediare Lucca, anche se era già fallito il tentativo suggerito da Filippo Brunelleschi di inondare Lucca con le acque del Serchio, il cui letto era allora superiore al piano della città.
Ad ogni modo l’assedio durava; e il Visconti, che non poteva intervenire direttamente, consentì che il suo generale Francesco Sforza, assoldato dal signore di Lucca, scendesse nel Luglio del 1430 per la liberazione della città. L’esercito fiorentino non resse all’urto e si ritrasse verso Ripafratta e verso Pescia, e lo Sforza, unito a Ladislao Guinigi, figlio di Paolo, mosse vittoriosamente per la Valdinievole inseguendo le forze nemiche.
Ma d’un tratto lo Sforza tornò verso Lucca fermandosi a Monte S. Quirico, dove richiamò anche Ladislao con le sue forze, e di lì a pochi giorni, la notte del 14 Agosto, una congiura ordita da parte di nobili lucchesi, di cui furono a capo Pietro Cenami e Lorenzo Buonvisi scoppiò nella città, in accordo con lo Sforza che nella stessa notte dichiarò Lazzaro suo prigioniero e ne disarmò la gente: Paolo Guinigi da parte sua non tentò resistenza, ma solo chiese salva la vita sua e dei suoi, ed evitò che i congiurati, che avevano levato il popolo al grido di libertà, commettessero uno spargimento di sangue e occupassero la Cittadella. La mattina dopo lo Sforza prese in consegna Paolo e due suoi figli, e li mandò sotto buona scorta al Duca di Milano. I piccoli Guinigi furono di lì a poco liberati, mentre Paolo, che era stato signore di Lucca fin dal 1400, finì tristemente i suoi giorni nella fortezza di Pavia.
Pietro Cenami
Pietro Cenami, che nel 1430 fu uno dei protagonisti della cacciata di Paolo Guinigi, tanto da meritare il titolo di “padre della patria” e di essere il primo gonfaloniere di Giustizia dopo la riconquista della libertà, fu vittima egli stesso di una congiura ai suoi danni, ordita il 3 giugno del 1436 dalla turbolenta famiglia dei Poggio.
Questa uccisione (il Cenami era anziano in carica) suscitò un enorme scalpore, sia per il particolare rilievo che l’ucciso aveva avuto nella vita pubblica lucchese sia per l’influenza e la ricchezza della famiglia: Pietro era infatti figlio di una Rapondi, ed i suoi fratelli avevano fiorenti attività commerciali in Franpia. Le fonti spiegano il grave fatto di sangue come una vendetta privata di un giovane Poggio al quale il Cenami avrebbe impedito il matrimonio con una ricca e nobile fanciulla della famiglia del Portico, di cui era tutore. In effetti Niccolosa e Margherita, che erano rimaste orfane di Bartolomeo del Portico, andarono in seguito spose la prima al figlio stesso di Pietro, Francesco, la seconda al nipote Rodolfo di Dino di Giusfredo. Della stima goduta dal Cenami fu testimone il popolo lucchese, che in pochi giorni fece giustizia dei responsabili e accompagnò solennemente la salma alla sepoltura gentilizia di S. Frediano.
I Poggi
Il 1522 fu l’anno di un’ importante congiura avvenuta a Lucca, che ebbe forte risonanza nel territorio. Ordita dalla famiglia Poggi, nacque a causa dell’alterigia insofferenza di freno dei capi della famiglia, potente per ricchezza ed interessi.
Il pretesto fu una contesa per la nomina del Rettore della Chiesina Santa Giulia, fra i sostenitori del giuspatronato degli abitanti della contrada, spalleggiati dai Poggi, e il Protonotario apostolico, Bartolomeo Arnolfini, che difendeva il diritto pontificio. Turbato l’ordine pubblico per il violento intervento dei Poggi in questa e in altre vertenze minori, i provvedimenti del governo lucchese provocarono l’ira della potente casata: i Poggi entrarono così nel palazzo del governo e una volta chiesta udienza dal Gonfaloniere Girolamo Vellutelli, lo uccisero, ed assalirono le case degli Arnolfini. Ma una volta tornati nelle proprie dimore, videro il popolo rivoltarsi contro di loro, e si fortificarono a difesa. Il gruppo degli Anziani, rimasti senza capo, inizialmente cercarono di trattare con i ribelli, che pretendevano la nomina di uno di loro a gonfaloniere a vita. Respinta l’insana richiesta, fu concesso a quattro dei capi della famiglia di lasciare la città, mentre altri sette venivano decapitati, due impiccati, altri dichiarati ribelli e banditi, e a tutti i beni confiscati. Ma per l’opinione pubblica non parve equa la condanna in relazione all’impunità dei maggiori capi della rivolta. L’odio contro la gente dei Poggi, che non mancò di recare ancora nuovi disturbi alla quiete della Repubblica (1525), non cessò col tempo, e per secoli ricorrono negli atti pubblici e negli stessi statuti le conferme del bando.
Pietro Fatinelli
Nel 1542 Pietro Fatinelli viveva alla corte imperiale presso cui aveva assolto onorevoli incarichi, e il favore che godeva in patria, così come presso l’imperatore, oltre la fiducia per le sue virtù di intelletto e di animo, fecero nascere in lui l’idea di un colpo di stato per costituire una nuova signoria lucchese. Tradito però da un suo confidente, venne consegnato dall’imperatore Carlo V ai lucchesi. Il Fatinelli si mostrò così nel processo, come dinnanzi alla morte, pieno di sincerità e grande nobiltà d’animo, congiunto ad un grande sentimento religioso. Pietro non ebbe che un complice, a cui fu mozzata anche a lui la testa e la Repubblica, paga della giustizia compiuta sui due, non colpevolizzò il resto della famiglia Fatinelli.
Francesco Burlamacchi
Francesco Burlamacchi, durante il suo secondo mandato di Gonfaloniere di Lucca fu al centro di una congiura per liberare Lucca e la Toscana da ogni oppressione, eliminando i Medici fiorentini. Già dal 1541 il Burlamacchi stava preparando il suo piano e, nel 1544, si era alleato con Piero e Leone Strozzi, figli di Filippo. La congiura però fu svelata a Cosimo de Medici da un delatore, Andrea Pissini, e il Burlamacchi fu arrestato per ordine della signoria lucchese e decapitato per sentenza d’un commissario dell’imperatore Carlo V, dopo due anni di prigionia trascorsi dapprima a Lucca e poi a Milano.
Falliva così un tentativo, medievale nella sua ispirazione, ma già aperto ad un più ampio disegno di unificazione regionale e collegato, forse, con ideali di riforma religioso, tant’è che Francesco Burlamacchi, “riscoperto” tra il 1847 e il 1861 venne dichiarato primo martire dell’unità italiana, e gli fu dedicata la statua che vediamo oggi in Piazza San Michele.
Queste sono solo alcune di complotti e delle congiure avvenute nel nostro territorio, molte altre ve ne furono, di grande o minor portata.
Proprio una di esse, avvenuta nel 1437 da parte di ser Tommaso Lupardi, è stata fonte di ispirazione per lo spettacolo di danza rinascimentale che andrà in scena Domenica 19 Maggio presso il complesso monumentale di San Micheletto a Lucca, da parte del Gruppo Danze Antiche della Compagnia Balestrieri Lucca.
Ultimi post di Daniele Lattari (vedi tutti)
- La statua Gemella - 19 Giugno 2019
- Congiure e tradimenti a Lucca tra medioevo e rinascimento - 26 Aprile 2019
- Chiesa dei Santi Simone e Giuda - 27 Febbraio 2019