Visitando una chiesa medievale, è impossibile non perdersi tra le decorazioni che la abbelliscono e che costituiscono un vero e proprio ‘libro di pietra’ con messaggi, animali e messaggi non sempre comprensibili immediatamente.
Per esempio, nel portico della Chiesa di San Martino a Lucca, è rappresentato un grifone al centro di una corona a motivi a girale nell’atto di sottomettere un drago.
Il grifone è un animale mitologico composto, secondo la tradizione letteraria antica, da due animali nobili e bene lo descrive la Treccani: “Animale alato mitologico e fantastico (detto anche grifo) dalla testa d’uccello (aquila ndr) e corpo di leone. Come la sfinge, che ha corpo leonino e testa umana o di falco, appare nell’antica arte dell’Asia Anteriore, dell’Egitto e di Creta e poi anche nell’arte orientalizzante greca”.
Lo scrittore greco Aristea di Proconneso vissuto nel VII secolo a.C. fu il primo a parlarne nel suo poema “Arimaspea” in cui i grifoni sono esseri feroci che difendono l’oro conservato nel sottosuolo del loro territorio dagli attacchi degli Arimaspi, cercatori nomadi a cavallo.
Questa raffigurazione si presta bene alla simbologia del Grifone che difende dal male (spesso rappresentato come un drago o un serpente).
I grifoni, come la fenice, nell’antichità erano animali considerati realmente esistenti e viventi in aree geografiche lontane non conosciute, oscure e perciò possibilmente soggette a leggi naturali differenti da quelle che operano nell’area mediterranea.
Originariamente il Grifone era sacro al Dio Apollo e alla Dea Atena: le sue caratteristiche sono la forza, la vigilanza e la saggezza. Si diceva che anche nei momenti difficili riuscisse a mantenere la calma e essere imparziale nel giudizio.
Con l’avvento del Cristianesimo a questo animale mitologico venne attribuita una doppia valenza simbolica, quella di una entità guardiana e pacifica e quella di una figura aggressiva e feroce. Allo stesso modo in esso si osservava una doppia natura, quella umana terrestre del leone e quella divina celeste dell’aquila, così come posseduta da Cristo stesso.
La figura del Grifone si presta per questi motivi e per la sua capacità di allontanare il male e le forze demoniache, alla rappresentazione negli spazi sacri. Nelle chiese è spesso raffigurato all’esterno in facciata, con la funzione di protezione del fedele che entra nella struttura.
Come molti altri animali più o meno fantasiosi, il grifone è descritto nei bestiari medievali che rielaborano il testo del Physiologus, un’opera che si ipotizza avere avuto origine intorno al II-III secolo d.C., forse in Egitto o in Siria.
Nell’antica accezione, col termine «fisiologo» si indicava non tanto lo studioso della natura, ma colui che la interpretava alla luce delle scritture, infatti, secondo la dottrina canonica solo un’appropriata chiave simbolica poteva decifrare e dare significato ai fenomeni e agli eventi del mondo fisico svelandone funzioni e relazioni, poiché tutto ciò che avveniva nel “Macrocosmo” (luogo di Dio) si riverberava secondo opportune proporzioni e corrispondenze sul “Microcosmo” (luogo dell’Uomo). La funzione del simbolo era dunque mettere in comunicazione l’Alto con il Basso, il Cielo con la Terra, Dio con l’Uomo.
In un mondo siffatto tutto era metafora, l’astratto come il concreto: il Numero, la Forma, il Colore, gli Astri, ma anche le pietre, i metalli, le piante e gli animali: un intricato ordine di interdipendenze e correlazioni che finiva spesso per confondere segno e simbolo, portando alla contemplazione del Volere Divino.
Articolo scritto insieme a Iacopo Muchetti, mio figlio.
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