Oggi parliamo di un medico toscano che ha scritto un libro. Anzi, ne ha scritti molti, di libri.
Un medico scrittore nonché, per la precisione, viareggino.
Ma non un viareggino-viareggino, piuttosto, un viareggino nato a Lucca!
(E non è quello a cui tutti starete pensando, di primo acchito, non è Mario Tobino…)
Giorgio Pini è un neuropsichiatra che assieme alla famiglia vive da decenni in Versilia e che, tra le altre cose, nel lontano 1983, Mario Tobino lo incontrò per davvero!
Il dottor Pini nasce a Lucca nel 1950, più precisamente in Piazza della ‘Pupporona’ (che in gergo strettamente lucchese, avulso da qualsivoglia volgarità, starebbe per Piazza San Salvatore anche detta Piazza della Misericordia) quindi in pieno centro storico (foto). Dopo appena venti giorni lasciò la città delle Mura per esigenze lavorative del padre, Ufficiale di Marina. Girò l’Italia in lungo e in largo, dalla Sardegna al Friuli Venezia Giulia, poi prese la maturità a Venezia e infine si trasferì a Pisa, per laurearsi in Neuropsichiatria Infantile. Poco tempo dopo si specializzò in Psicologia, presso l’Università di Siena. Dopo aver lavorato molti anni all’ospedale di Siena, appunto, e per qualche tempo, in seguito, pure in Garfagnana (quindi di nuovo in lucchesia), divenne primario del reparto di Neuropsichiatria Infantile dell’Asl Versilia (ora Asl Toscana Nord Ovest) fino al momento della meritata pensione, avvenuta due anni fa. Nel corso della sua carriera ha pubblicato molti articoli scientifici su riviste internazionali e diversi libri sull’associazione “Quelli che non”, di Viareggio.

Nel 1998 uscì “Gli alberi delle bimbe”, volume incentrato sulle radici della Sindrome di Rett. Nel 2003 fu la volta di “13 amici”, libro in cui, tra gli altri, si narra dei rapporti d’amicizia e di alcune occasoni d’incontro con Manlio Cancogni, Mario Tobino e Roberto Amati, tutti e tre vincitori del Premio Viareggio Répaci, i primi due per la narrativa, l’ultimo – anche per ordine di tempo – nella sezione poesia, edizione 2003.
L’ultima ‘fatica’ letteraria del dottor Pini porta il titolo “Bimbe rare, rarissime anzi uniche” (Pezzini Editore, 2020). In una forma che spazia tra la saggistica e la narrativa, si racconta di malattie non troppo diffuse quali l’autismo e l’anoressia (tra cui quella forse ancora meno nota, l’anoressia mentale) nonché delle sindromi delle “bimbe dagli occhi belli” o di quelle “dallo sguardo rapito”. Il volume è composto da brevi capitoli ciascuno dei quali con una storia a sé stante preceduta da un significativo titolo – talvolta ad effetto – ed una parte più propriamente tecnica, ove vengono spiegate in maniera dettagliata e scientifica le specifiche problematiche. Nel suo complesso, è un libro per tutti, narrato con una scrittura lineare e molto comprensibile, anche ai ‘non addetti’.
Sono i bambini più deboli, dunque, quelli di cui racconta il ‘nostro’ Dott. Pini – che si firma “il trascrittore” – attraverso la voce di un fantomatico medico di nome Lorenzo. Bambini di qualsiasi ceto sociale, etnia e religione. Bambini con le relative famiglie le quali, come è inevitabile, possono talvolta risultare più o meno simpatiche senza che per questo ne venga ostacolato il lavoro che sta a monte.
“In tutti questi anni non ho mai parlato, ma ho imparato a scrivere con il computer che mi ha comprato papà. Ho pensato e ascoltato. Ho ascoltato le parole di tutti quelli che, solo perché non ero capace di parlare, pensavano che non capissi nemmeno. […] Ho ascoltato mio padre che non si capacita ancora di cosa io abbia, se ho una malattia fisica o psicologica. Ho ascoltato mia madre e il suo orgoglio.” Cit.tratta da “Libertà di parola, quasi una risposta alla governatrice”, espressione diretta di una bambina autistica.
Un libro, questo, carico di testimonianza da parte di un professionista che ha dedicato l’intera vita lavorativa alle non facili esistenze di individui meno fortunati. Un autore che si pone l’obiettivo – talvolta arduo – di raccontare il mondo nascosto e tutta quella parte di anime che rimangono categoricamentein un canto d’angolo, per lo piùinvisibili all’occhio dell’odierna società.
“Bimbe rare, rarissime anzi uniche” è una di quelle opere letterarie dall’importante e necessaria funzione di sensibilizzazione di massa.
Attualmente il dottor Giorgio Pini – sebbene in pensione – si occupa attivamente di alcune associazioni locali, tra cui la Fondazione TiAmo a Viareggio, dove bambini e ragazzi con svariate disabilità trovano il loro personalissimo stimolo vitale nella partecipazione ad attività ludico-motorie-formative.

Breve nota personale.
Il prossimo anno, nel 2021, saranno trascorsi vent’anni esatti da quando incontrai per la prima volta il ‘mitico’ dottore – “Pini” – senza troppi appellativi di prestigio come di solito, qua in Versilia, viene chiamato da tutti, ragazzi, piccoli pazienti, genitori, operatori, amici e conoscenti. La prima impressione, si dice, è quella che conta. Ebbene, ricordo perfettamente il mio stupore, quando fin dai primi istanti mi accorsi di trovarmi davanti a un medico o meglio, a un uomo dotato di rara e profonda carica umanitaria nonché di eccezionale umiltà. Un pensiero che, come si dice dalle nostre parti, col tempo non è cambiato di una virgola!
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