La ‘terra nuova’ fondata dai lucchesi nel XIII secolo conserva vicino alle mura la Rocca di Sala, a lungo dimora dei Guinigi nel ‘400. Nel 1513, però, Pietrasanta diventa un’enclave fiorentina in territorio lucchese, e di conseguenza troviamo artisti fiorentini che operano in zona, affiancati dai migliori scultori locali. Il marmo è di casa a Pietrasanta già nel ‘500, e basta dare un’occhiata attenta ai palazzi per trovare tracce della presenza di Michelangelo: due lapidi in due diversi palazzi nei pressi di piazza Duomo ci ricordano che Buonarroti sottoscrive qui alcuni contratti di fornitura di marmo.
Sulla piazza sono evidenti i segni della dominazione fiorentina: accanto al Teatro vediamo ancora oggi la colonna della libertà, che connota Pietrasanta come facente parte dei possedimenti fiorentini; il leone simboleggia infatti il dominio fiorentino. A destra della colonna si apre via del Marzocco, una delle antiche rughe medioevali ribattezzata in tale modo in epoca medicea. Sulla parte terminale della piazza troviamo anche delle vasche in marmo usate come fontane pubbliche, lavorate con la tipica tecnica ‘a boccellatura’, molto frequente in ambito fiorentino nel Cinquecento.
Il Duomo – dedicato a San Martino – risale al Trecento, quindi poco dopo la fondazione lucchese, ma si protrae fino buona parte del Quattrocento; sopra il portale centrale troviamo però una significativa aggiunta cinquecentesca, ovvero lo scudo mediceo unito ai simboli papali, vale a dire lo stemma di Papa Leone X, forte segnale del potere dei Medici. L’interno dell’edificio conserva opere di grande interesse, eseguite soprattutto in occasione del rinnovamento compiuto tra Cinquecento e Seicento per l’adeguamento ai dettami della Controriforma; molte di esse sono patrocinate dai Medici e diverse giungono da Firenze.

Veniamo colpiti dall’abbondanza di marmi, sia bianchi che colorati, che vengono utilizzati per il pavimento, gli altari, i confessionali, ma soprattutto per le stupende colonne in un marmo chiamato ‘breccia medicea’ , molto amato dai Medici. La breccia delle Apuane è una pietra ornamentale conosciuta già dai Romani, estratta a quel tempo col nome di breccia di Seravezza; viene denominata Breccia Medicea per indicare i tipi estratti ed impiegati in epoca rinascimentale (per l’appunto l’epoca in cui le cave sono sotto la podestà della famiglia Medici di Firenze). La Breccia Medicea possiede un fondo violetto contenente macchie gialle, rosse, verdi o grigie, di dimensioni variabili; nel Duomo di Pietrasanta ne troviamo una grande quantità, ma è presente anche a Lucca (altare della Libertà del Giambologna, in San Martino) e in molte città toscane in edifici di epoca rinascimentale.
Il marmo mediceo per eccellenza trionfa dunque nelle colonne e nei rivestimenti della chiesa di San Martino a Pietrasanta, sia nelle colonne portanti che in acquasantiere, confessionali etc. Molte delle tele seicentesche sono opera di autori fiorentini, e anche le sculture sono in parte d’importazione fiorentina: accanto a Stagio Stagi troviamo ad esempio Donato Benti.
Appesa al centro della navata una tela a forma di medaglione ottagonale, di nuovo opera di metà seicento del Vignali: da un lato troviamo lo stemma dei Medici, dall’altro l’Elemosina di San Martino, quindi viene omaggiato il Santo titolare della Chiesa, ma contemporaneamente anche la casata medicea. L’opera di maggior rilievo è indubbiamente il pulpito, situato nella navata destra: qui si sono uniti i talenti di diversi artisti, tutti sopraffini nell’arte di lavorare il marmo. Il piedistallo è infatti attribuito a Lorenzo Stagi ed è di inizio Cinquecento, con una decorazione floreale alla maniera di Civitali.

Tra il basamento e il pulpito ci sono delle mensole e dei fregi lavorati finemente, con rappresentazioni dei mesi e varie figure simbolico-cristologiche; questa parte intermedia è probabilmente seicentesca, e l’autore è locale, anonimo ma veramente notevole. Le lastre del pulpito, raffiguranti i quattro Evangelisti, sono invece opera di Donato Benti, artista fiorentino che abbiamo già incontrato e – che come collaboratore di Michelangelo o in maniera autonoma – è attivo in varie zone della Versilia vicine a Pietrasanta.
La scala infine è attribuita a Giovanni Baratta, scultore ed architetto carrarese, ma di formazione fiorentina; è in stile tardo barocco, datata 1696, e dimostra rara perizia, essendo scolpita in un unico blocco di marmo e non costituita da parti assemblate successivamente.
A destra del Duomo si staglia il campanile, cinquecentesco, costruito in laterizi e rivestito in marmo solo per la parte inferiore. Anche qui mano fiorentina, secondo alcuni addirittura michelangiolesca; un recente studio fatto come tesi di laurea attribuisce a Buonarroti il progetto della scala elicoidale interna al campanile, anche se appare molto più probabile che si tratti di nuovo di un’opera del Benti, peraltro suo collaboratore come già accennato. Pietrasanta, oggi conosciuta internazionalmente come città d’arte, ha quindi radici molto lontane, e certamente il Cinquecento ha rappresentato un momento di grande splendore per quello che riguarda la scultura, da sempre legata alla materia prima presente in zona.

Gilda Maestri
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