La Torre Matilde si specchia placida e maestosa nelle acque scure della darsena antica. Lei, che di questa città è cuore e regina, è stata sempre al centro della nostra storia. Nella fredda giornata invernale, chiudo gli occhi e assaporo gli odori del porto che, come ai marinai che furono miei avi, richiamano immediatamente alla mia mente il concetto di casa.
Ripenso a una delle tante storie della torre, di circa 200 anni fa…

Era un giorno freddo come oggi, quel venerdì il 10 dicembre 1813 in cui Viareggio fu invasa dalle truppe inglesi. Erano quelli i turbolenti anni delle Guerre Napoleoniche, e la città non era nuova agli attacchi. Infatti, già il 29 giugno dello stesso anno, aveva avuto luogo uno scontro a fuoco tra la nostra torre e i cannoni della marina di sua maestà, terminato con la vittoria della prima. Qualche mese dopo, però, gli inglesi erano tornati e, dalla sera del 9 dicembre diverse navi della flotta al comando di Lord William Bentinck erano ancorate al largo della città. Il giorno seguente, ben 1200 soldati al seguito di Carlo Catinelli, ufficiale dell’Italian Levy, sbarcarono sulle spiagge viareggine.
Viareggio era difesa appunto dalla Torre Matilde, comandata da Ippolito Zibibbi, nato a Viareggio in via delle Catene, il 6 aprile 1772, capitano comandante della piazza di Viareggio dal 12 agosto 1813, che aveva alle sue dipendenze poco più di cinquanta uomini e pochi cannoni.
Vista la situazione, Zibibbi dette ordine di non intervenire, perché un battaglia -senza dubbio perdente- avrebbe portato alla distruzione della città e alla perdita, inutile, di molte vite umane. Solo il cannoniere Domenico Maffei, detto “Ampolletta”, sparò un colpo di cannone prima di ritirarsi.

Zibibbi decise di ritirarsi a Montramito, luogo più propizio per tentare di fermare o rallentare la marcia degli inglesi verso Lucca. Là fu invece raggiunto dall’ordine di ritirarsi all’interno delle mura di Lucca.
Nell’avanzata, gli inglesi minarono e distrussero l’antico forte costiero del porto di Motrone, sebbene versasse ormai in stato di abbandono.
Infine, giunsero a Lucca nella notte del giorno stesso e iniziarono a cannoneggiare porta di San Donato. Lelio Guinigi, l’ufficiale che presidiava la porta insieme a una misera guarnigione, si arrese prontamente indicando agli aggressori la possibilità di entrare senza difficoltà e senza fare danni da Porta di Borgo. Entrati facilmente, gli occupanti fecero razzia di molti beni ma, il giorno successivo furono raggiunti dalla notizia di grandi rinforzi francesi in arrivo da Firenze.

Così, abbandonarono la città per ritornare a Viareggio, dove tuttavia dovettero affrontare comunque una battaglia con una colonna di francesi, che li intercettò all’altezza del Ponte di Pisa.
Usciti vittoriosi dallo scontro, partirono quindi alla volta di Livorno imbarcando i molti beni razziati a Viareggio e a Lucca. Per questo scopo, furono anche sequestrate alcune bilancelle viareggine, con i relativi equipaggi.
Ippolito Zibibbi fu ritenuto l’unico responsabile della cocente umiliazione militare e venne immediatamente arrestato. Dopo un breve processo, fu condannato a morte. Tutt’altra sorte ebbe invece il cannoniere Maffei, l’unico ad aver agito, il quale fu premiato con una porzione di arenile. Qui costruì uno dei primi stabilimenti balneari viareggini, il Bagno Colombo, citato anche nelle opere di Mario Tobino ed Egisto Malfatti.

Tuttavia, la pena di morte venne commutata in prigionia perpetua nel Forte di Piombino, all’epoca sotto il Principato di Lucca.
Dopo la cacciata dei francesi e la conseguente caduta dei Baciocchi, Zibibbi ottenne di essere nuovamente giudicato. Fu assolto ed infine ebbe nuovamente il comando della piazza militare di Viareggio.
La calma, per un po’, tornò in città. Ma la storia, vorticosa, continuò a soffiare e a mutare come duna di sabbia, portando alle nuove e maggiori devastazioni del Novecento.
Solo la nostra torre, muta testimone, rimase immutabile ad assistere.
E ancora oggi è lì, pronta a raccontare a chi voglia ascoltarla.

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