Ancora oggi solo a sentirla nominare l’Armenia fa pensare a una terra lontana, misteriosa e poco conosciuta. Eppure da questa nazione, senza sbocchi al mare, confinante con la Turchia, la Georgia e l’Iran, il giovane Davino partì intorno all’anno 1000.
Avrebbe potuto come molti compiere il classico itinerario di andata e ritorno fino a Gerusalemme e in quei luoghi dove era vissuto Gesù Cristo, ma Davino, come pochi altri, si spinse oltre. Forse per aprirsi al mondo della cristianità occidentale di cui in Oriente si sapeva ben poco. La distanza maggiore da coprire cambiava ovviamente tutta la prospettiva del viaggio: anni, invece di mesi e dunque veniva pure messo in conto un non ritorno, visti i pericoli. Un eremita viandante, un vagabondo di Dio come furono talvolta soprannominati questi pellegrini.
Dopo la tappa in Terra Santa è difficile dire per quale via Davino raggiunse Roma, probabilmente via terra, passando per la Puglia per raggiungere Monte Sant’Angelo sul Gargano e poi chissà se aveva in mente di arrivare a Santiago di Compostella? Fatto sta che passò da Lucca e qui si fermò, scegliendo come alloggio un ospedale vicino la chiesa San Michele, presso una certa Atha.
Avrebbe potuto come molti compiere il classico itinerario di andata e ritorno fino a Gerusalemme e in quei luoghi dove era vissuto Gesù Cristo, ma Davino, come pochi altri, si spinse oltre. Forse per aprirsi al mondo della cristianità occidentale di cui in Oriente si sapeva ben poco. La distanza maggiore da coprire cambiava ovviamente tutta la prospettiva del viaggio: anni, invece di mesi e dunque veniva pure messo in conto un non ritorno, visti i pericoli. Un eremita viandante, un vagabondo di Dio come furono talvolta soprannominati questi pellegrini.
Dopo la tappa in Terra Santa è difficile dire per quale via Davino raggiunse Roma, probabilmente via terra, passando per la Puglia per raggiungere Monte Sant’Angelo sul Gargano e poi chissà se aveva in mente di arrivare a Santiago di Compostella? Fatto sta che passò da Lucca e qui si fermò, scegliendo come alloggio un ospedale vicino la chiesa San Michele, presso una certa Atha.
Si ammalò e quando si rese conto che non sarebbe guarito, predisse il giorno e l’ora della sua morte. Tutto si avverò come aveva predetto alla sua albergatrice. Fu sepolto nel cimitero di San Michele e poco dopo proprio lì iniziò a crescere una pianta di vite, i cui chicchi oltre ad essere dolcissimi, avevano poteri miracolosi. Gli eventi speciali aumentarono: guarigioni di sordi, ciechi, paralitici, liberazioni da possessioni diaboliche per coloro che visitavano la sua tomba. Tutti questi fatti, è stato notato dagli storici, hanno una corrispondenza con i miracoli di Gesù.
C’è un po’ di incertezza riguardo la data della canonizzazione ufficiale di San Davino, sicuro è invece che a partire dalla fine del XI sec e il successivo viene annoverato come ‘santo lucchese’, nonostante, fosse straniero di nascita, non era rilevante per la chiesa lucchese, basti pensare a San Frediano e San Riccardo.
Quasi immediatamente dopo questi accadimenti insoliti, la salma fu messa all’interno della chiesa in una cassa di terracotta contenuta in un sarcofago di marmo. Ci sono state nei secoli diverse traslazioni, esposizioni e ricognizioni nel corso del 1500, del 1600 e del 1800.
Grazie all’ultima, del marzo 2018, eseguita dal prof. Gino Fornaciari paleopatologo dell’Università di Pisa sono emersi dati e fatti interessanti e che aiuteranno a confermare o smentire alcune ipotesi sono state tramandate in codici e manoscritti. La paleopatologia è infatti la disciplina che studia le malattie del passato direttamente dai corpi del passato, inoltre con il supporto delle nuove tecnologie è possibile scoprire qualcosa di più sullo stile di vita, ad esempio, o sulla gestualità, sulla dieta, i traumi. Guardate il video qui di seguito estratto da una puntata di Superquark per vedere come è stato allestito un laboratorio all’interno della chiesa e come opera l’equipe universitaria.
I corpi dei Santi hanno un valore storico, culturale, religioso e anche scientifico: il processo di mummificazione naturale permette di ricostruire il profilo biologico e serve anche come archivio biologico. Caso, alquanto eccezionale è questo del pellegrino armeno, poiché costituisce uno dei corpi più antichi che l’Università di Pisa abbia mai studiato. La morte del Santo è datata 1050. Lo stato poco usurato della dentatura e delle ossa in generale ha permesso di desumere che al momento del decesso avesse 25 anni, massimo 30. Un giovane, alto circa 1.72 m, gli arti inferiori separati da ovatta per metterlo in sicurezza, hanno evidenziato una periostite, cioè un’infiammazione guarita del periostio, molto comune all’epoca e il bacino invece presenta una morfologia tipica di chi pratica l’equitazione: ovvero Davino ha trascorso tanto tempo a cavallo, un cavaliere dunque? Questo spiegherebbe anche l’appellativo ‘nobilis’…
Una sorpresa per il team universitario è stata il riscontro di due lesioni craniche delle quali non c’era fino ad oggi nessuna indicazione storica, ma che possibilmente aiutano a giustificare il culto del santo come taumaturgo delle emicranie o mal di testa! Entrambi le ferite sono state classificate come non mortali: una da impatto, abbastanza estesa causata da un’arma a punta smussata, a effetto perforante munita di puntale (forse un martello d’arme o un mazzapicchio) e l’altra da fendente, causata cioè da una lama dentata tipo spada. Interessantissimo è il fatto che la prima ferita è stata trattata chirurgicamente e fu cauterizzata, ovvero è stata guarita da un ferro rovente di cui è rimasto il sigillo pentagonale a stampo. E’ un ritrovamento del tutto eccezionale, ne esiste solo un altro di epoca longobarda. E’ dunque possibile evincere che Davino fu forse assalito o avesse combattuto durante il suo viaggio, ma più importante è che lo avesse curato un medico esperto con il cauterio e questo fa presagire la sua provenienza da un ambiente socialmente elevato da potersi permettere tale trattamento.

Una sorpresa per il team universitario è stata il riscontro di due lesioni craniche delle quali non c’era fino ad oggi nessuna indicazione storica, ma che possibilmente aiutano a giustificare il culto del santo come taumaturgo delle emicranie o mal di testa! Entrambi le ferite sono state classificate come non mortali: una da impatto, abbastanza estesa causata da un’arma a punta smussata, a effetto perforante munita di puntale (forse un martello d’arme o un mazzapicchio) e l’altra da fendente, causata cioè da una lama dentata tipo spada. Interessantissimo è il fatto che la prima ferita è stata trattata chirurgicamente e fu cauterizzata, ovvero è stata guarita da un ferro rovente di cui è rimasto il sigillo pentagonale a stampo. E’ un ritrovamento del tutto eccezionale, ne esiste solo un altro di epoca longobarda. E’ dunque possibile evincere che Davino fu forse assalito o avesse combattuto durante il suo viaggio, ma più importante è che lo avesse curato un medico esperto con il cauterio e questo fa presagire la sua provenienza da un ambiente socialmente elevato da potersi permettere tale trattamento.
Adesso, sotto l’altare maggiore di San Michele, il corpo di San Davino è esposto con indosso una tunica, una mantella, il bastone da pellegrino e soprattutto il copricapo rosso di lana che ricorda il koukoulion, tipico del clero orientale. Il giorno della festa, il 3 giugno, il rituale prevedeva l’imposizione di questo berretto sulla testa per scongiurare il mal di testa. Poiché era anche giorno di fiera e mercato era tradizione comprare le ciliegie, i contadini incitavano “Per San Davino, ogni ciliegia un quattrino” oppure siccome ce ne erano in abbondanza, essendo frutto di stagione “Per San Davino, le ciliegie per un quattrino”.
Ulteriori indagini, come il radiocarbonio, permetteranno di determinare con più esattezza l’età del decesso e la causa della morte (forse una malattia infettiva?), a confermare la provenienza geografica tramite alcuni isotopi presenti sui denti che saranno diversi da quelli italiani, la ricostruzione virtuale dello scheletro in 3D invece farà capire l’attività fisica. Infine all’interno di quella piccola cassetta, posta a corredo del santo, sono stati rinvenuti ben 8 frammenti di seta, lino, broccato con la raffigurazione di San Michele e in particolare un forse lampasso o diaspro con pavoni e grifoni del XIII secolo, probabilmente di manifattura lucchese, che potrebbe costituire qualcosa di unico e prezioso!
Ultimi post di Paola Moschini (vedi tutti)
- Bagni di Lucca: la comunità inglese nell’Ottocento - 4 Agosto 2020
- Villa Reale: la guida diffusa - 2 Luglio 2020
- San Davino: pellegrino per sempre - 27 Marzo 2019