Oggi dedichiamo la nostra attenzione a una chiesa raramente inclusa nei percorsi delle visite turistiche, Santa Maria Corte Orlandini. Dove si trova? Poco lontano da Piazza San Michele, basta spostarsi verso Piazza San Salvatore e svoltare a sinistra in Via Santa Giustina. Dopo pochi metri ecco davanti a noi Palazzo Diodati-Orsetti, sede del Comune di Lucca. Il palazzo viene costruito per la famiglia Diodati nel ‘500, sui resti di un precedente edificio medievale; il bellissimo portone lungo via Loreto viene invece installato in onore dell’imperatore Carlo V, che soggiorna proprio qui per il suo incontro con il papa Paolo Farnese; gli Orsetti acquistano il palazzo nel 1662 e lo stesso resta di proprietà della famiglia fino al 1963, quando viene acquisito dal Comune di Lucca. Tuttavia il palazzo non è la nostra meta, per cui passiamo oltre e seguiamo via Loreto: sulla destra un piccolo giardino nascosto tra i palazzi ci ricorda che Lucca è una città da scoprire a passo lento. Il giardino è proprio di fronte al palazzo ed è delimitato da alte mura finestrate, un po’ come il parco di Villa Bottini; probabilmente il giardino era di pertinenza del palazzo, come suggerisce il pozzo antico ancora visibile al centro. Oggi è un angolo verde inaspettato, con palme, magnolie, camelie e un glicine che in primavera fa capolino dal muro di cinta. Nel frattempo però siamo arrivati in prossimità della chiesa: sono appena due minuti a piedi dal cuore pulsante della città, eppure pochi visitatori si spingono fin qui alla scoperta dei vicoli e dei palazzi.


Come quasi tutte le chiese lucchesi, anche Santa Maria Corte Orlandini viene fondata in periodo longobardo (569-774 D.C.): non dimentichiamoci, infatti, che Lucca era la capitale della Tuscia e una città di primaria importanza per i Longobardi. La stragrande maggioranza degli edifici religiosi di Lucca ha una fondazione che risale proprio all’arco di quei due secoli, ma in seguito è modificata, ammodernata, a volte completamente trasformata seguendo le mode del momento: moltissime chiese sono state ristrutturate dal XII secolo in poi e mostrano quindi il sobrio stile che conosciamo come romanico pisano-lucchese.


Santa Maria Corte Orlandini, invece, è uno dei migliori e rari esempi del barocco lucchese, ma allo stesso tempo fa parte di un gruppo di edifici di età longobarda. Il nome stesso ci racconta qualcosa: Corte Orlandini deriva da Curtis Rolandinga, cioè la corte dei Rolandinghi, famiglia longobarda che risiedeva in quella parte della città. Sappiamo che la costruzione era già terminata nel 1188 (lo testimonia un’epigrafe vicino alla porta della sagrestia), ma dell’edificio antico oggi possiamo vedere solo il lato sud e le absidi laterali. Se restiamo a qualche passo di distanza, ci rendiamo conto di come l’edificio originario sia stato per cosi dire inglobato dal successivo, molto più alto e più tardo. Materiali diversi, stili diversi, altezze diverse.. per capirci qualcosa di più andiamo a vedere la facciata, magari scopriamo qualcosa che ci può spiegare cosa è successo. Svoltiamo l’angolo e ci troviamo di fronte ad una facciata realizzata a cavallo tra il ‘600 e il ‘700, probabilmente dall’architetto lucchese Domenico Martinelli, importatore del barocco in città; la facciata è purtroppo bisognosa di restauro, ma ci fa ancora intuire come era stata progettata. A differenza del lato meridionale della chiesa, la facciata è rivestita di calcare e con un aspetto più simile a quello di un palazzo che a quello di una chiesa: finestre di varie forme e dimensioni, al posto del rosone una finestra tonda ma cieca, una partitura architettonica orizzontale e delle paraste lungo tutta l’altezza, che in corrispondenza del portale d’accesso movimentano la facciata interrompendone le linee altrimenti uniformi. Come mai una facciata tanto alta, e soprattutto tanto diversa dalla parte originaria dell’edificio? Facciamo ancora due passi verso sinistra e lo capiremo: la chiesa in realtà fa parte di un complesso conventuale piuttosto grande, con annessi vari edifici. I frequentatori di biblioteche avranno già indovinato che ci troviamo di fronte alla Biblioteca pubblica statale, aperta nel 1794. Gli spazi sono quelli dell’ex convento della chiesa e l’antica biblioteca è in parte ancora ospitata in un monumentale salone barocco, situato all’ultimo piano. Di conseguenza comprendiamo che dietro alla ristrutturazione dell’edificio religioso, prima longobardo, poi medievale e infine barocco ci sono proprio gli abitanti del complesso conventuale. La storia della chiesa è legata alla Congregazione dei Chierici Regolari della Madre di Dio, fondata a fine ‘500 da San Giovanni Leonardi, formatosi nel convento domenicano di San Romano e patrono dei farmacisti. Giovanni Leonardi nasce nel 1540 a Diecimo, si sposta a Lucca per studiare farmacia e per qualche anno fa lo speziale nelle sue zone, ma non ancora trentenne è ordinato sacerdote e intraprende la predicazione, fondando diverse congregazioni religiose; una di esse viene elevata ad ordine religioso con il nome di Chierici Regolari della Madre di Dio e la chiesa di Santa Maria Corte Orlandini è proprio la sede ufficiale della congregazione. All’epoca della Controriforma il complesso diventa una specie di centro culturale, un ambiente conventuale dotato di biblioteca. Per questo motivo l’edificio religioso viene addossato al convento e sopraelevato, motivo che spinge a modificare anche la facciata facendola risultare molto più alta di quella originaria.


Torniamo ora indietro, verso l’ingresso laterale: troviamo molti degli elementi tipici del romanico, come ad esempio archetti ciechi e tre aperture molto strette che erano le finestre originarie, colonne e capitelli in sequenza regolare che scandiscono la parete. Il portale è sormontato da un architrave e da un arco con conci bicolori, decorato ai lati da due teste leonine. Quando entriamo, però, si cambia registro: le dimensioni della chiesa sono contenute, ma ampliate da ricche prospettive barocche, con soffitti dipinti, volte, archi, stucchi; è un capolavoro di ricche decorazioni apposte durante un riassetto d’inizio settecento ad opera, ancora una volta, di Pietro Scorsini e Domenico Brugieri. Il pulpito è ottagonale ed è parte di un elegante apparato decorativo molto teatrale, volto a suscitare meraviglia come spesso accade nella decorazione barocca. La congregazione evidentemente aveva a disposizione ingenti somme, poiché si fanno interventi costosi e nel Seicento la chiesa è abbellita anche con opere di pittori famosi a livello nazionale. All’epoca si poteva ammirare anche una tela di Luca Giordano (una ‘Assunta’, purtroppo andata perduta a inizio ‘900) ed erano presenti due opere di Guido Reni; oggi nella chiesa abbiamo soltanto delle copie, in quanto le tele del Reni si trovano presso la Galleria degli Uffizi e presso il Museo di Villa Guinigi, ma possiamo ancora ammirare in originale opere di artisti locali (come Giovanni Marracci e Gaspare Mannucci) e diversi dipinti di scuola caravaggesca.

La navata destra culmina con un altare dedicato a San Giovanni Leonardi, anche se in realtà le sue spoglie si trovano a Roma, dove trascorre molti anni dopo essere stato espulso dalla Repubblica di Lucca con l’accusa di disturbo all’ordine pubblico. A Roma gli viene però affidata la chiesa di Santa Maria in Portico, ha modo di conoscere Filippo Neri e crea un movimento missionario che dopo la sua morte si realizzerà nella Sacra Congregazione per la propagazione della fede (1627). Un personaggio di spicco dunque, beatificato nel 1861 e proclamato santo nel 1938, che pur morendo lontano da Lucca viene ricordato con questo altare.
Per i fedeli tuttavia il vero tesoro della chiesa si trova spostandosi verso la navata sinistra: da qui si accede alla cappella della Madonna di Loreto. La cappellina, eretta nel 1662, contiene la copia esatta della Santa Casa di Nazareth conservata nel santuario di Loreto. Alla basilica di Loreto (vicino a Porto Recanati, nelle Marche) i cattolici devoti alla Vergine si recano da sempre in pellegrinaggio, e secondo la leggenda il santuario sorge nel luogo dove la Sacra Casa giunge nel dicembre del 1294, dopo essere arrivata in Italia dalla Palestina tre anni prima. La reliquia sarebbe arrivata a Fiume portata in volo dagli angeli, poi dopo qualche anno spostata – sempre in modo miracoloso – nelle Marche, dove dopo alcune traversie avrebbe finalmente trovato la sua collocazione nell’attuale Santuario. Inizialmente a Loreto si venerano le mura della Santa Casa e un’icona dipinta su tavola, ma nel corso del XVI secolo una statua lignea di abete rosso sostituisce la precedente immagine della Madonna, che acquisisce così la particolarità di avere il volto scuro, come molte raffigurazioni antiche e come lo stesso Volto Santo lucchese.
Nel frattempo a Lucca accanto alla chiesa di Santa Maria Corte Orlandini il complesso conventuale si è ingrandito ed è stato arricchito di opere d’arte. Verso la fine del Seicento si decide di allestire anche una copia della casa di Nazareth, identica in tutto e per tutto a quella di Loreto, per permettere ai cittadini di venerare la Vergine senza andare in pellegrinaggio nelle Marche. La chiesa di Santa Maria Corte Orlandini diventa cosi per i lucchesi Santa Maria Nera, con riferimento all’immagine della Vergine. Che cosa succede però nel 1921? Durante un incendio a Loreto la statua della Vergine e parte della Santa Casa del Santuario vengono purtroppo perdute, ma a Lucca la copia perfetta è ancora lì al suo posto, dopo quasi tre secoli, pronta a fare da modello per l’immagine che vediamo oggi nel Santuario di Loreto.
I tesori di Santa Maria Nera non finiscono qui: se gli stucchi, gli affreschi e i dipinti non ci sono bastati, possiamo ammirare una collezione di paliotti da altare finemente decorati, alcuni di questi molto antichi e prodotti in seta lucchese.
Ancora una curiosità per chi visita la chiesa in dicembre: all’interno si allestisce un presepe particolarmente prezioso, con molte statue di varia dimensione. I re magi sono abbigliati con sontuose e ricche vesti in seta e velluto, e il manto ricamato d’oro di una delle tre figure sarebbe uno dei primi esempi del velluto tessuto dalle rinomate manifatture lucchesi del tempo, quindi anche nelle tradizioni religiose troviamo un pezzo della storia e dell’economia della città.
Gilda Maestri
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