È ormai conosciuto il rapporto di Puccini con Chiatri dove volle costruire la villa che oggi porta il suo nome e a cui fu molto affezionato. Il desiderio del maestro Puccini era quello di comprare una villetta con “un poco di podere da sostenere un contadinuccio”. Quello che si scrive e si pensa comunemente è che l’acquisto di un podere a Chiatri e l’immediata costruzione sul posto di una lussuosa villa fu un’idea presa da Puccini senza rifletterci molto, un ”capriccio” effimero, derivato dal desiderio quasi smodato di possedere e costruire case, quello che in Lucchesia, con un detto popolare, viene definito “mal del calcinaccio” del quale Puccini ammetteva di essere “contagiato” in modo grave. Con i proventi di “Manon Lescaut” e de “La bohème”, Puccini, grazie alla proposta di Alfredo Caselli, acquistò la villa nel dicembre 1898 e la ristrutturò completamente. L’accesso disagiato a questa casa significò che tutti i materiali per la costruzione della villa dovettero esser trasportati con muli per un tragitto di un totale di 4 km. Puccini ne era talmente innamorato che fece addirittura stampare centinaia di cartoline per uso personale, che ritraevano l’immagine della villa stessa. Il suo amore e l’orgoglio per questa casa si può ritrovare anche all’interno di una lettera che Puccini inviò alla sorella Tomaide l’11 novembre 1906:
“Non ho altro da dirti, anelo alla mia casa, alla mia quiete, al mio Torre o Chiatri che tu mai hai visto e che è bellissimo, ora che ci ho fatto un giardinetto sul davanti. Quando ci sarò, verrai?”
Senza dubbio il maestro Puccini aveva visto in questo luogo il posto che sognava, ideale per lavorare con tranquillità, con un esteso podere e per di più con la vista di quel panorama mozzafiato, un vero e proprio incanto, secondo la sua descrizione:
“Di lassù si scorge un incanto: la costa, da Livorno a Spezia; l’Arno e il Serchio; la Corsica, in tempo chiaro, le isole di Gorgona e Capraia, ed anche la macchia di San Rossore, Migliarino e la macchia lucchese dei Borboni”.
Questa casa costò “un occhio” al maestro, ben 12500 lire, che a Chiatri, fra l’altro, dimorò assai di rado, per l’opposizione della moglie Elvira a cui il luogo pareva troppo solitario. A lei così scriverà il Maestro nell’ottobre 1900: “Ho speso un occhio per una pazza idea: Chiatri – avessi almeno da te o da Fosca sentito dire: è vero che è scomoda e ti costa tanto, ma là saremo felici, ci verremo, tu ci lavorerai tranquillo! Mai una parola d’incoraggiamento, mai una gentilezza! Ho finito per la sovrana legge della insistenza a pigliare in odio Chiatri, che pure quando lo comprai e incominciai i lavori mi era così simpatico! Tutto questo per voi altri che mai l’avete avuto una parola gentile espresso una simpatia fosse pure ispirata a buon volere rispetto a me al mio lavoro che lassù avrei potuto compiere.”. Alla morte del maestro Puccini quella villa poco amata fu eredita dalla moglie e alla morte di questa dal figlio Antonio, che il 29 luglio 1943 la vendette ad una famiglia di Firenze.
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