Le Tre Giornate di Viareggio – La Città che volle farsi Repubblica

Che Viareggio abbia fama di terra di ribelli è cosa nota, ma forse non tutti conoscono le Giornate Rosse di Viareggio, che portarono addirittura all’effimera esperienza della Repubblica di Viareggio

Correva l’anno 1920 e l’Italia si trovava in mezzo all’incendio del Biennio Rosso. In città era ancora viva la memoria del grande sciopero dell’anno prima.

Domenica 2 maggio 1920 si disputava nel campo di Villa Rigutti una partita di calcio tra Lucchese e Viareggio. La partita fu sempre molto tesa e l’arbitro fu accusato dai tifosi viareggini di scorrettezze. Al termine del derby scoppiarono dei tafferugli nel corso dei quali il guardalinee Augusto Morganti viene ucciso dal carabiniere Natale De Carli, che gli sparò in pieno volto. Fu il primo della lunghissima lista di morti per violenza calcistica, che da lì in poi avrebbe insanguinato l’Italia.

L’omicidio fu la scintilla di una rivolta che mise in fuga i carabinieri. I manifestanti saccheggiato il Tiro a Segno e irruppero nella caserma del 32º Artiglieria disarmando i militari presenti, per poi impadronirsi delle strade della città e della stazione ferroviaria. 

Fu interrotta la pubblica illuminazione, la circolazione dei tram e la linea ferroviaria, vennero erette barricate e la città fu chiusa. 

La caserma dei carabinieri fu posta sotto assedio, uno dei militari, che si trovava fuori, fu catturato e picchiato. La folla tentò anche l’assalto durante la notte, ma senza successo. Allora una delegazione della Camera del Lavoro tentò una mediazione con i militari assediati, ottenendo l’arresto di De Carli. Successivamente la delegazione incontrò il questore Carlo Grazioli che nel frattempo era arrivato nei pressi della città con una scorta di 50 carabinieri e 40 bersaglieri, per negoziare. 

Il prefetto Lualdi inviò prima dell’alba del 3 maggio due colonne di militari di 100 uomini l’una, comandate dal colonnello Raimondo Poppi, che riuscirono a raggiungere la caserma dei carabinieri, schierandosi a difesa dell’edificio. 

Nel frattempo, mentre continuavano le trattative tra le autorità e i ribelli, rappresentati ora dai deputati socialisti Policarpo ScarabelloLuigi Salvatori, un camion con a bordo una decina di carabinieri ed un maresciallo fu bloccato dalla folla. L’ufficiale fu accoltellato, i soldati disarmati.

Il colonello Poppi mandò allora gruppi di soldati ai limiti delle barriere cittadine, ma molti furono disarmati dalla folla.

Il comando di Corpo d’armata di Firenze ordinò allora al generale Giorgio Nobili di riprendere la città. Una nave da guerra fu posizionata davanti alla costa e il generale Carlo Castellazzi, di supporto a Nobili, giunse da Livorno con due camion carichi di militari. 

Una volta per le strade di Viareggio gli uomini di Castellazzi caddero in un’imboscata e due ufficiali furono feriti. Nel primo pomeriggio il generale Castellazzi in persona entrò in città per trattare con la delegazione guidata da Salvatori. Fu finalmente raggiunta un’intesa che prevedeva l’allontanamento dei carabinieri da Viareggio e l’ingresso dell’esercito in città dopo le esequie di Morganti. L’accordo, che prevedeva sostanzialmente un’inevitabile resa, fu respinto dall’area più oltranzista degli insorti e si verificarono scontri tra essi e la fazione più moderata. 

Il 4 maggio, giorno delle grandi esequie pubbliche di Morgani, il ministro Nitti, che avrebbe preferito l’uso della forza alla negoziazione, rimosse il prefetto Lualdi e ne affidò i poteri al generale Nobili. Ad ogni modo, gli impegni furono sostanzialmente mantenuti e solo il 5 maggio le truppe, guidate dal generale Marincola, occuparono Viareggio, imponendo la legge marziale. 

Vi rimasero circa tre mesi, effettuando numerosi arresti, perché Nobili era convinto che l’insurrezione fosse stata guidata da potenze straniere ed era determinato a trovarne le prove. Non ne trovò mai. 

Nonostante gli ordini delle autorità, solo poche delle armi razziate furono riconsegnate. 

L’insurrezione viareggina ebbe all’epoca grande eco, anche all’estero, e nelle città vicine si registrarono azioni di supporto. 

Gli echi di questi eventi non risuonano più nelle strade di Viareggio, ma sarebbe bello mantenere viva la memoria di quanto accadde, anche con un monumento o una stele, che potrebbe essere installato in Piazza Santa Caterina, che è tutto ciò che rimane dell’immenso parco di Villa Rigutti. 

Sapere che Viareggio, anche se solo per tre giorni, fu repubblica…

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Gabriele Levantini nasce a Viareggio il 10 aprile 1985. Chimico per lavoro e scrittore per passione, dal 2017 gestisce il sito Il Giardino Sulla Spiaggia. Seguimi sul mio blog: https://ilgiardinosullaspiaggia.wordpress.com