Viareggio la rossa – Storia d’una città ribelle

Il segreto di Viareggio è un’umana anarchia, piacere e sfrenata libertà, assomigliare alle risate e alla forza del libeccio” (Mario Tobino)

Viareggio, terra del diavolo e di poveri diavoli. Terra proletaria, di rossi e d’anarchici, terra che arde di ribellione, che brucia di rivolta. Terra d’istinti e di passioni. 

Se le tue strade sapessero parlare, quante cose potrebbero raccontare… 

Quando il vento è forte, le barche ondeggiano nelle darsene, gli alberi tintinnano, le gomene stridono sotto la pressione dell’acqua. E così avvenne in città quando il vento di nuove idee spazzò l’Europa come un uragano.   

La prima delle tempeste che si susseguirono fu l’occupazione dei cantieri della società “Costruzioni e Navigazione Velieri”, conosciuta anche come “Ansaldo”, nel febbraio del 1919.

In Italia divampava il Biennio rosso, in Germania e Ungheria i rivoltosi tentavano di creare repubbliche socialiste, e anche gli operai navali viareggini proclamarono prima lo sciopero, e successivamente l’occupazione, aderendo all’appello della Camera del Lavoro. 

Nonostante l’allora prefetto Alfonso Limongelli volesse risolvere la questione tramite la mediazione con i rivoltosi, il governo decise di porre lo stato di assedio sull’intera città, imponendo addirittura il blocco navale e installando una mitragliatrice davanti alla sede della Camera del Lavoro. Gli esponenti di spicco della Reazione organizzarono delle Guardie Bianche, milizie antisocialiste. 

Grazie alla mediazione di Luigi Salvatori, i Carabinieri non fecero irruzione nella Camera del Lavoro, evitando un probabile spargimento di sangue. 

L’assedio durò una settimana al termine della quale ci fu la resa dei manifestanti. Tuttavia, vennero arrestati furono arrestati alcuni capi della protesta, tra i quali lo stesso Luigi Salvatori e sua moglie, Leonida Fontanini, Faliero Micheli ed Eliseo Meciani, poi rinviati a giudizio per “incitamento alla popolazione a rovesciare la costituzione dello stato e insorgere in armi contro i poteri pubblici, ma che in seguito poterono godere dell’amnistia. 

Poco più di un anno dopo, la tensione sarebbe nuovamente esplosa, ancor più forte, con le famose Giornate Rosse di Viareggio, nelle quali ebbe breve e adrenalinica vita la Repubblica di Viareggio

Subito dopo il Biennio Rosso, cominciò quello Nero, con le violenze dei fascisti e reazione dei “Rossi”. Il 2 maggio 1921 un nutrito gruppo di squadristi dette l’assalto alla Camera del Lavoro e alla Lega dei maestri d’ascia e calafati di Viareggio. Il blitz fu organizzato per ritorsione contro l’omicidio dello studente Pacino Pacini, colpito a morte poche ore prima da alcuni colpi di pistola sparati da ignoti nei pressi della stazione di Viareggio contro il treno sul quale viaggiava. Treno gremito di militanti fascisti che rincasavano dopo un’adunata a Pietrasanta. 

L’idea iniziale era quella di assaltare lo Stabilimento Marmi, ma questo era ben serrato e le minacce dei fascisti non convinsero il cui guardiano Tono di Paino, noto ex garibaldino e antifascista, ad aprire i cancelli. A quel punto, la milizia nera si divise in due gruppi: uno devastò la Camera del Lavoro, distruggendo anche un quadro di Lorenzo Viani, l’altro invece vandalizzò la sede della Lega dei maestri d’ascia e calafati, rubandone il vessillo. Anche in questo caso, i pochi violenti identificati, godettero in seguito dell’amnistia. 

Questo furto causò lo sciopero dei lavoratori dei Cantieri Darsene dal 4 al 16 maggio, quando il Questore di Lucca comunicò di aver saputo da Carlo Scorza, segretario del locale partito fascista, che la bandiera non avrebbe potuto essere restituita, in quanto era già stata fatta a pezzi.

Lo scioperò terminò, ma ci furono scontri di piazza tra simpatizzanti di sinistra e fascisti che portarono all’omicidio di Nieri e Paolini. Una pagina buia nella pur ricca storia criminale della nostra città

Diversi decenni dopo, si scoprì che in realtà la bandiera era stata inviata a Roma. Rintracciata in un polveroso magazzino dell’Archivio Centrale di Stato, fu esposta al Museo del Risorgimento di Torino nel 1980 e poi, finalmente, al Museo della Marineria di Viareggio.

Durante la Resistenza, Viareggio si distinse, anche con azioni spettacolari quali l’Attentato al Balipedio, che non causò una durissima ritorsione solo per il coraggio di un giovane chimico che ingannò i nazisti

Con i moti del Sessantotto, la città si accese di nuovo. Le tensioni culminarono con l’assedio del Commissariato di Viareggio del 3 febbraio 1967. La causa fu la brutalità poliziesca e gli arresti arbitrari delle forze dell’orine durante una manifestazione studentesca.

Anche in questa occasione, la Camera del Lavoro proclamò lo sciopero e il sindaco stesso prese parte alla riunione. In città furono inviati i reparti mobili, ma la protesta si risolse pacificamente e il Commissario Antonio Di Mambro fu trasferito ad altro incarico. 

Anche alle porte di Viareggio, avvennero gravi rivolte. Tra queste, tristemente celebri sono i Fatti della Bussola del 31 dicembre 1968. Ci furono scontri e furono erette barricate, e la violenza culminò con il grave ferimento del sedicenne Soriano Ceccanti.

Rapidamente i fiori del Sessantotto venivano sostituiti dalle pistole degli Anni di Piombo e della Strategia della Tensione. Gli scontri tra opposte fazioni tornavano a livelli paragonabili a quelli degli anni ’20. Nell’agosto del 1973, si verificò l’assalto al bar Versilia di Lido di Camaiore, che venne completamente distrutto.

Da mesi intorno al bar-ristorante, noto ritrovo di militanti di destra, avvenivano scontri culminati con l’accoltellamento che mandò in fin di vita il diciottenne viareggino Franco Poletti.

Ne seguì una grande manifestazione di protesta, e nonostante l’imponente schieramento di forze dell’ordine, un gruppo di militanti di estrema sinistra riuscì a compiere un’incursione nel bar, lanciando bombe incendiarie. 

Due anni dopo, la Strage di Querceta avrebbe portato in Versilia e non solo un lutto che ancora oggi colpisce e sciocca

Oggi forse Viareggio ha mantenuto il suo carattere anarchico, allergico a ogni forma di autorità e istintivamente contro le ingiustizie. Chissà se la città ha imparato a gestire la sua rabbia o se la brace brucia ancora sotto la cenere…

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Gabriele Levantini nasce a Viareggio il 10 aprile 1985. Chimico per lavoro e scrittore per passione, dal 2017 gestisce il sito Il Giardino Sulla Spiaggia. Seguimi sul mio blog: https://ilgiardinosullaspiaggia.wordpress.com