La straripante biografia su Paolina Bonaparte ci ha consegnato un’immagine quasi stereotipata della Principessa Borghese, sorella minore del potente imperatore di Francia. Nell’immaginario collettivo
molte persone, compresi i più accaniti detrattori la considerano una libertina, una donna dissoluta di facili costumi al pari della famosa Messalina, moglie di Claudio ai tempi dell’antica Roma. Capace solo di organizzare festini, cene o sfarzosi balli in onore di suo fratello o del primo amante di turno. Una donna volubile ,pronta solo a soddisfare i propri capricci e piaceri mondani con l’intento di voler strappare una avventura galante con il primo avventuriero che lesi presentasse davanti.
E’ sempre difficile prendere le distanze dai clichè molto radicati che le sono stati appiccicati nel corso dei secoli e che riaffiorano soprattutto nella moderna cinematografia che le ha assegnato questo triste e inverosimile ruolo di “famme fatale” , di “Maitresse imperiale”. A tutto questo si aggiunge il contributo scultoreo di Antonio Canova che l’ha immortalata in una statua che tutti conoscono come la “ Venere imperiale” che si può ammirare nella Galleria Borghese di Roma. Chiunque passi di lì non può che essere affascinato da tanta bellezza e prova un brivido di seduzione come mai accade davanti a un monumento piccolo o grande che sia.
Come ha scritto di recente qualche autorevole storico , Paolina non aveva regni da difendere e fu una vera “ Regina” senza trono e territorio, come lo erano le sue due più potenti e fortunate sorelle , quali Elisa, Granduchessa di Toscana, e Carolina, Regina di Napoli, moglie dello sfortunato Gioacchino Murat. Ma nessuna delle sue sorelle potevano eguagliarla in bellezza , femminilità e grazia. Libera da cariche politiche poteva espandere il suo fascino e la sua leggiadria ovunque si trovasse .
Il suo assoluto distacco dagli affari di Stato l’aiuto’ moltissimo nelle scelte amorose, e conducendo una vita più libera e indipendente potè muoversi a suo piacimento in tutta l’Europa, in particolare in
Francia e in Italia. E’ vero: ebbe tanti amanti e a nessuno fu fedele, se non al primo marito, il generale Leclerc, che seguì fino in capo al mondo, a Santo Domingo, dove colpito da febbre gialla spirò giovanissimo. Fu madre anche di un bambino di salute malferma che morirà da lì a poco tempo.
Certo la sua indole di donna un po’ frivola e capricciosa ha contribuito a ingigantire il mito della “Venere insaziabile”, ma così non è stato, offuscando le sue migliori qualità umane. Questa “ dèesse de l’amour profane “ dissimulava e celava dentro la sua anima una rara sensibilità che emerge anche dalla lettura di alcune lettere del suo taccuino personale. In alcune righe percepiamo meglio le caratteristiche della sua personalità inquieta e triste . Lei stessa scrive: “ Devo nascondere le mie lacrime , bisogna che io soffra in silenzio. Io credo che tutto cio’ possa tradire il male segreto che mi divora.”. Tante di queste lettere e riflessioni autobiografiche meriterebbero oggi di essere rilette con più attenzione e rispetto.
Dal 1815 fino alla sua morte avvenuta nella ex Villa di Porta a S. Gallo a Firenze fu tutto un peregrinare in Lucchesia fra le sue Ville di Compignano, Viareggio, Bagni di Lucca e a S. Quirico, ma nessuna di queste dimore potrà placare la sua irrequietezza. E fu considerata tanto “ pericolosa”
dal burbero Metternich da dover essere “ internata” in una prigione in Moravia. >Solo con un
stratagemma le riuscirà di sfuggire a questo tragico e ingiusto destino.
E’ in questo periodo che conoscerà il musicista assai focoso Giovanni Pacini, il suo ultimo amante che riesce a ottenere dalla monarca del tempo, il permesso di edificare la sua ultima dimora a Viareggio.
Una villa, che nonostante tutti i restauri e i rifacimenti, richiama ancora oggi l’attenzione di molti
visitatori che incuriositi non solo dall’architettura , dove si nota la mano del Lazzarini, allievo del più famoso Nottolini, vorrebbero capire qualcosa di più della Venere imperiale. Certo questa Villa non può competere con quel gioiello architettonico che è quello di Marlia, dove la sua potente sorella aveva edificato una villa maestosa degna di una Regina.
A quel tempo a Viareggio colpiva molto, oltre la sua camera da letto. Il suo boudoir e una scala a
chioccia, oggi quasi irriconoscibili, compresa una sala da bigliardo simile a quella di Marlia.
Nel tempo è scomparso anche il bel giardino all’inglese, fiore all’occhiello della villa.
Come tutti sanno la Villa sarà lasciata in eredità a Carolina, la quale provvederà a nuovi rifacimenti cancellando ogni traccia dell’antico splendore in cui si trovava la Villa all’inizio dell’ottocento.
Alcuni affreschi arrivati integri fino a noi, come i due “putti danzanti” ci consegnano il ritratto di una donna, che con tutte le sue contraddizioni , continua ancora oggi con il suo sguardo melanconico e magnetico a suscitare sentimenti diversi a chi la guarda. Come ha detto qualcuno giustamente: “ Elisa e Carolina sono entrate nella storia, ma il fascino , mentre la bellezza e l’ incanto superbo di Paolina sono entrati nella leggenda “. Una magia senza tempo , un privilegio assoluto che ha vantato solo Lei nella storia recente.

Sergio Puglisi

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