Se si esce da Lucca per muoversi in direzione Pescia, subito fuori da Porta Elisa, probabilmente si imboccherà Viale Castruccio Castracani, uno dei più importanti viali nell’immediata periferia della nostra città. Ma chi era questo personaggio, dal nome molto particolare, a cui è stato intitolata una così nevralgica arteria di comunicazione cittadina?
“Castruccio è certo la figura più grande della storia non toscana soltanto, ma italiana della prima metà del Trecento, così come Gian Galeazzo Visconti domina tutta la politica della penisola nella seconda metà del secolo. Ma la signoria dell’Antelminelli durò troppo poco – non più di dodici anni – e la morte lo colpì quando la sua signoria metteva, ogni giorno più, salde radici e Firenze stessa pareva destinata a cadere” scrive Augusto Mancini nel suo volume Storia di Lucca, aggiungendo anche “Egli (…) per poco non giunse a costituire una forte signoria nell’Italia Centrale, che sarebbe stata capace, ma solo per lui, di maggiori destini”.
Castruccio Castracani degli Antelminelli nacque a Lucca il 29 marzo 1281. Quegli anni videro il culmine dello scontro tra guelfi e ghibellini e Castruccio, in quanto membro dell’importante famiglia ghibellina degli Antelminelli, fu cacciato dalla sua città quando i guelfi presero il potere a Lucca. A seguito dell’esilio, Castracani vagò molto in Francia, in Inghilterra, nelle Fiandre e qui oltre a occuparsi degli affari della famiglia apprese l’arte della guerra, prendendo parte ad alcune campagne militari.
Nel decennio successivo, Castruccio tornò in Toscana e assunse il ruolo di visconte del vescovo di Luni e vicario imperiale di Sarzana. Lo scontro tra Lucca guelfa e Pisa ghibellina ebbe una rapida escalation e Castruccio, insieme agli altri fuoriusciti ghibellini lucchesi, spinse Ugaccione, signore di Pisa, ad attaccare direttamente e occupare Lucca nel 1314. Quando l’esercito pisano ebbe la meglio ed entrò a Lucca, tutto in città fu messo a ferro e fuoco e il saccheggio, le stragi e gli incendi si protrassero per tre giorni. La collaborazione tra Castruccio e Ugaccione proseguì e l’anno successivo, nella battaglia di Montecatini, l’esercito ghibellino, guidato dal signore di Pisa e dal vicario imperiale di Sarzana, nonostante la netta inferiorità numerica, ebbe la meglio contro l’esercito guelfo che raccoglieva quasi tutte le altre città toscane.
Castruccio, oltre ad essere un gran capitano d’armi, era anche un accorto politico, a differenza di Ugaccione. Infatti, pur avendo di fatto condiviso le gesta politiche e belliche di quel secondo decennio del ‘300, a Lucca Ugaccione era odiato a morte, visto come il tiranno sanguinario che aveva assoggettato la città alla nemica Pisa, mentre Castruccio era considerato il potenziale restitutore della dignità e dell’indipendenza cittadina. Anche a Pisa erano in molti ad odiare il proprio signore, soprattutto per la sua politica di guerra perenne che bloccava la produzione e i commerci e vessava tutte le classi sociali, oltre che per la spesso non necessaria crudeltà. Il signore pisano iniziò così a temere la popolarità di Castruccio e nel 1316 ordinò al figlio, al quale aveva affidato il governo di Lucca, di imprigionarlo. A seguito dell’arresto, però, la città si ribellò e Ugaccione fu costretto a muovere il suo esercito per sedare la rivolta. Appena il sanguinario signore si fu allontanato, anche i pisani insorsero acclamando podestà Ranieri della Gherardesca e barricando le porte di accesso alla città, per impedire il ritorno di Ugaccione. Quest’ultimo fu costretto a fuggire insieme al figlio. Lucca tornò ad essere una città libera, furono restaurate le istituzioni comunali e Castruccio Castracani ne divenne garante.
Di fronte al pericolo di un ritorno dei guelfi, che minacciavano Lucca da est, dove avevano conquistato Vinci, a giugno 1316 il Consiglio degli Anziani nominò Castruccio “capitano generale e difensore della città, distretto, contado e forza di Lucca” per sei mesi. Dopo la riconquista di Vinci, si levò vento di ribellione dalla Lunigiana e Castracani dovette accorrere di persona a tenere a freno Sarzana. Nel novembre dello stesso anno, la nomina fu prorogata di un anno dagli Anziani e dal Consiglio cittadino e approvata dal popolo lucchese riunito a parlamento. I principi della costituzione erano osservati e la sovranità elettiva era stata esercitata dal popolo, ma così anche a Lucca, nasceva una Signoria che sarebbe durata dodici anni consecutivi. Nessuna delle antiche linee comunali di guerra fu trascurata da Castruccio, ad eccezione dei confini pisano-lucchesi, in virtù del miglioramento dei rapporti tra Lucca e Pisa. Dapprima il signore lucchese portò le sue truppe in Val di Lima e in Versilia, dalla quale risalì verso la Liguria, ristabilì il dominio lucchese in Lunigiana fino a Pontremoli e occupò diverse terre della Riviera di Levante, arrivando a minacciare anche Genova, ma dovendo ripiegare per la difesa di Lucca quando i fiorentini nel 1324 invasero la Val di Nievole.
Lo scontro contro Firenze fu il filo rosso che unì tutti i dodici anni di governo di Castruccio. Successivamente alla campagna in Liguria, il signore di Lucca riportò alcune brillanti vittorie che lo videro riconquistare Santa Maria a Monte, invadere e annettere ai suoi domini Pistoia, spingendosi poi fino a Prato. A quel punto, Firenze mobilitò intorno a sé quasi tutte le forze guelfe della penisola e, vista la soverchiante superiorità numerica del nemico, l’esercito lucchese dovette ripiegare abbandonando Pistoia e fortificandosi nella zona di Altopascio, dove accorsero a rafforzarlo anche i Visconti di Milano, con l’aiuto dei quali Castruccio diede battaglia e vinse, salvando Lucca dall’invasione. Di lì a poco anche Pisa passò alla parte guelfa e Lucca sembrava essere rimasto l’unico isolato avamposto ghibellino in Toscana.
In quegli anni, però, la situazione generale era caratterizzata da continui ribaltamenti e nel 1327 l’imperatore Ludovico il Bavaro decise di scendere in Italia. Castruccio era stato bravo a pazientare quando la situazione sembrava volgere al peggio, lasciando al nemico dei parziali successi, evitando lo scontro aperto, che per l’evidente inferiorità di forze avrebbe potuto essergli fatale e ritirandosi progressivamente da Lunigiana e Val di Nievole per non disperdere le sue già molto ridotte forze. L’imperatore il 31 maggio era a Milano e il 1° settembre veniva ricevuto da Castracani a Pontremoli. L’11 ottobre, dopo un breve assedio, i due condottieri entrarono a Pisa. L’11 novembre l’imperatore proclamò Castruccio Duca di Lucca, Pistoia, Luni e Volterra, con diritto di trasmissione ereditaria e a metà dicembre i due mossero insieme verso Roma, facendovi ingresso il 7 gennaio 1328. Il Bavaro fu solennemente proclamato imperatore il 17 gennaio e anche il condottiero lucchese prese parte alla cerimonia di incoronazione.
Successivamente, per portare a termine il suo piano di creare una sola signoria su tutta la Toscana, restituendo a Lucca l’antico primato sulla regione, Castruccio chiese all’imperatore di far ritorno nelle terre natie e, dopo aver incluso anche Pisa nel suo dominio, in modo da coprirsi le spalle da eventuali attacchi pisani, mosse decisamente contro Firenze. Le forze guelfe della penisola erano tutte impegnate dalla presenza e azione dell’esercito del Bavaro, sicché Firenze non poteva contare su altri aiuti e la minaccia di Castruccio, entrato trionfalmente a Pisa e Pistoia, di spingere fino in fondo la sua azione contro Firenze, congiungendosi alle forze del Bavaro, sembrava molto concreta. A fermare i progetti di gloria del condottiero lucchese, quando nessun altro sembrava poterlo fare, ci pensò però la malaria, che lo colse durante le campagne in Val di Nievole e in Valdarno e lo portò alla morte il 3 settembre 1328.
Castruccio Castracani degli Antelminelli fu sepolto all’interno della Chiesa di San Francesco e sulla sua tomba si legge: “Ecco io vivo e vivrò per la fama delle mie gesta, io, splendore delle armi italiche, onore dei Lucchesi, ornamento della Toscana.” Un’iscrizione che rende pienamente l’idea della grandezza della sua opera e che ci fa comprendere meglio il motivo per il quale una delle principali strade di Lucca è stata intitolata a questo condottiero del ‘300.
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