La Stazione Vecchia di Viareggio – Una ferita da curare

Per chi si trova a passeggiare per Viareggio, certi scorci devono certamente apparire paradossali e incomprensibili. Questa cittadina attraversa da tempo ormai immemorabile una crisi d’identità, sempre in bilico tra le sue radici di borgo marinaro riconvertito al turismo, la sua indole industriale e la sua folle idea di sentirsi metropoli. In una città che non ha ancora deciso se essere Forte dei Marmi o Torino e che, contro ogni evidenza, si sente New York, non possono che succedere drammi urbanistici.

Intendiamoci, le città sono creature vive e non ha senso cristallizzarle su un passato che sfuma nella finzione cinematografica: il cambiamento è naturale. Bisogna però considerare che non tutti i cambiamenti sono positivi né, tantomeno, ben gestiti.

È il caso, esemplare, della “Stazione Vecchia” di Viareggio.

Quello che fu il primo scalo ferroviario cittadino, nel cuore della Vecchia Viareggio, era un tempo un piccolo gioiello con tettorie in legno intagliato sorrette da esili colonne in ghisa, secondo la moda del tempo. Fu aperta il 15 aprile 1861 e collegava Viareggio con Pisa Porta Nuova, oggi Pisa San Rossore, dando un elemento concreto per le rivendicazioni pisane sulla Versilia.

Bisognerà invece attendere il 1890 perché la linea proveniente da Lucca vedesse finalmente la luce, ricucendo la distanza tra il capoluogo e la sua marina.

La stazione fu fondamentale anche per lo sviluppo industriale della città, in quanto erano presenti anche rami prettamente commerciali, come lo Scalo della sabbia, attivo fino al 1930, che portava all’omonima darsenetta sul Canale Burlamacca dove era presente un impianto di trattamento delle sabbie silicee e una segheria di marmo, e lo Scalo delle Officine Estensi, che attraversava le vie Varsavia (poi via Arcangeli) e Fontanella (poi Nicolò Pisano) giungendo all’ex Fervet. Questo complesso di raccordi, assai vasto rispetto alla città, mutò più volte forma e funzione nel corso degli anni, adattandosi ai rapidi sviluppi urbani.

Anche il Balipedio militare, che sarà poi durante la guerra teatro della celebre operazione dei Partigiani, era collegato tramite un binario alla Stazione Vecchia.

Dal 1900 al 1936 partì dal piazzale della stazione anche il tram a vapore, chiamato dai viareggini “Macinino” che collegava la città con Camaiore. Da notare che all’epoca Viareggio, assai più piccola di oggi, poteva contare su ben due linee tranviarie, essendo attiva anche la Litoranea per Forte dei Marmi. Più tardi, invece, i danni della guerra e una pessima idea di progresso spazzeranno via queste importanti infrastrutture.

Interessante ricordare anche che la Piazza della Stazione Vecchia, davanti alla quale c’erano eleganti giardini alberati, era uno dei luoghi dove aveva luogo la storica tradizione cittadina delle Baldorie.

Nel 1936 fu aperta la Stazione “Nuova”, che sarebbe dovuta essere collegata al mare tramite un grande viale che, per fortuna, non fu mai realizzato. Il tram per Camaiore fu smantellato e sostituito da un autoservizio e la Stazione “Vecchia” venne ribattezzata Viareggio Scalo. Mantenne le funzioni commerciali e fu utilizzata per la fermata di alcuni treni locali fino al 1992, per poi essere chiusa definitivamente nel 1994.

Per un po’ i suoi locali sono stati utilizzati da una pizzeria, ma oggi è completamente abbandonata e versa in stato di grave degrado. È noto che sia un angolo di città pericoloso, che finisce spesso al centro della cronaca criminale viareggina.

Periodicamente ci sono proposte per la sua riapertura, finora puntualmente bocciate.

Nel 2015 venne a mancare Viviano Cima, ultimo capostazione dello scalo. Scompare, inesorabilmente, la memoria di ciò che fu.

Mi piace guardare le foto di quando la Stazione Vecchia era un vero e proprio salotto cittadino, pullulante di vita. Oggi è ridotta a un rudere, le cui membra fatiscenti si estendono proprio nel cuore della città vecchia. Una simile vista è incomprensibile per un turista e dolorosa per un viareggino come me.

Però le città sono creature vive e c’è speranza che un giorno Viareggio sappia curare questa ferita e rendere giustizia allo splendore che un tempo ha albergato in questo luogo.

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Gabriele Levantini nasce a Viareggio il 10 aprile 1985. Chimico per lavoro e scrittore per passione, dal 2017 gestisce il sito Il Giardino Sulla Spiaggia. Seguimi sul mio blog: https://ilgiardinosullaspiaggia.wordpress.com

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