Questione di “pelle”

La produzione in pelle animale è certamente uno degli articoli più richiesti dai turisti, quando cercano il “made in Italy” .

Beh, certo, non si parla di tutto il turismo poiché sempre maggiori sono coloro che sostengono gli articoli e manufatti vegetariani o vegani, quindi con assenza di parti animali; è, tuttavia, altrettanto vero che ancora in molti scelgono la tradizione e la manifattura della pelle.

Spesso una borsa o una cintura in “vera pelle” (real leather) rappresenta per il turista il giusto souvenir da regalarsi per ricordarsi i colori e i profumi della località italiana visitata.

Turista soddisfatta dei propri acquisti

Ma quando nasce la lavorazione della pelle?

Prima di tutto il luogo dove viene lavorata la pelle animale si chiama conceria e differenti sono i metodi di concia, ovvero di trattamento, a cui la pelle viene sottoposta.

La concia della pelle è una pratica fra le più antiche, utilizzata dall’uomo fin dalla preistoria.

Ricostruzione della lavorazione della pelle in preistoria


Nata come esigenza e divenuta mestiere durante il Medioevo, la concia è un’arte storica, indispensabile per rendere la pelle utilizzabile dall’uomo.

Il suo scopo è quello di renderla morbida, impermeabile, elastica e resistente nel tempo. 

Da subito l’uomo si è accorto di come l’applicazione di grasso animale o vegetale fosse in grado di fermare il processo di decomposizione.

Nel corso degli anni poi, le tecniche si sono evolute, aggiungendo materiali naturali in acqua come ad esempio la corteccia, le foglie e le bacche, che rendono la pelle morbida e robusta.

Pelle animale appena trattata in conceria

L’Italia è una delle nazioni più sviluppate e competenti nella lavorazione e nella concia della pelle, tanto che l’industria conciaria italiana è considerata un’eccellenza, rappresentando il 17% dell’intera industria mondiale.

La storia della conceria lucchese

Lo sviluppo della produzione della pelle è attestata nei documenti medievali di Lucca e di altre città, come ad esempio a Venezia ( secolo XIV).

La lavorazione e concia della pelle poteva richiedere diversi mesi e produceva cattivi odori, per questo, nello specifico a Lucca, venne adibita una zona per questa produzione in prossimità della chiesa di San Tommaso, detta appunto “pelleria” (con fulcro in Via delle Conce), al fine di isolare tali insopportabili esalazioni.

Questa zona più periferica del centro, a ridosso delle mura, era abitata dai ceti operai più umili che qui avevano, oltre che le case, gli opifici in cui esercitavano le professioni.

Prospetto di Via delle Conce, oggi

L’arte della concia

A Lucca, così come in altre città (Vicenza, Bassano del Grappa, Venezia) , l’arte della concia necessitava e necessita una enorme quantità di acqua per la trasformazione della pelle in cuoio.

Vi immaginate la faccia stupita del primo che toccò questa meraviglia?

Qualcuno, infatti, ha gettato delle pelli scuoiate all’interno di uno stagno o una pozza d’acqua, e le ha ritrovate indurite e intatte dopo qualche giorno.

In realtà questa trasformazione, che sicuramente in tempi antichi poteva avere qualcosa di magico, è scientificamente provata: in una zona di acqua stagnante si possono creare tannini naturali ( ad esempio produzione della decomposizione di foglie cadute nell’acqua) ed è proprio per questo che il tannino, essendo una sostanza conciante, è stato uno dei primi elementi naturali utilizzato dagli artigiani.

Nell’epoca moderna, allo scopo di accelerare questa fase di conciatura si è ricorsi all’utilizzo del cromo esavalente Cr6, questo minerale provoca sulla pelle un “effetto cartoccio” e anche se non commercializzato, bastavano poche ore ( circa 4 in confronto a svariati giorni necessari per la produzione di cuoi con l’ausilio di tannini).

Immagine del passato del macchinario utilizzato per la concia al cromo

Il Cr6 e’ stato classificato dalla IARC (International Agency for Research of Cancer) come cancerogeno per l’uomo in classe I.

Oggi le concerie(ovviamente non abusive o in posti senza regole) usano il Cr3 che é una sostanza nutriente essenziale per gli esseri umani.

Oppure usano la concia “al vegetale”.

Calliphora Bags: la concia al vegetale a Lucca oggi

Michela e il suo fido Oliver nel Regno di Calliphora Bags

Vi narro una storia: c’era una ragazza di nome Michela che aveva fatto dell’artigianato il suo sogno più grande e così, come nelle migliori fiabe, iniziò a sperimentare arrivando a creare i suoi magnifici zaini direttamente dal garage di casa sua, ottenendo un inaspettato successo.

Perciò Michela, forte dell’approvazione ricevuta e intrisa di passione per il suo lavoro, decise di inaugurare in via Busdraghi 19, nel dicembre del 2019, nel centro storico di Lucca, il suo regno, la sua dimensione: la bottega artigianale di Calliphora Bags.

Non aprì da sola ma in compagnia del fido Oliver, un dolcissimo cocker che si può definire la sua ombra.

iMchela realizza zaini, borse, tracolle portafogli e molto altro, il tutto contraddistinto dall’unicità (perché ogni pezzo è fatto direttamente dalle sue mani) dall’originalità (la ricerca di tessuti sempre differenti come il nylon reciclato) e da una sicurezza: l’utilizzo della concia al vegetale per le parti in pelle.

Una tracolla Calliphora Bags realizzata con pelle trattata con concia al vegetale

La pelle a concia al vegetale è un prodotto di origine animale: generalmente si tratta di pelli bovine, ovine o caprine, prodotti di riciclo dell’industria alimentare, che vengono sottoposti alla concia.

Si definisce “ vegetale” perché le sostanze utilizzate nella concia (i cosiddetti “agenti concianti”) sono i tannini, estratti naturali derivanti esclusivamente da fonti vegetali come il legno di castagno e di quebracho, le noci di galla e i baccelli di Tara.

Nessun animale viene ucciso al puro scopo di utilizzarne la pelle, come accade con le pellicce.

Le concerie recuperano e riutilizzano le pelli di scarto dell’industria alimentare.

Nonostante si stia diffondendo una nuova sensibilità alimentare, che incentiva pratiche vegetariane o vegane, il consumo di carne nel mondo non è affatto diminuito, anzi è notevolmente aumentato.

Infatti, secondo un recente articolo della BBC, la produzione di carne è quintuplicata dagli anni ‘60 ad oggi e, nel 2017, ha raggiunto ben 330 milioni di tonnellate.

Positiva o negativa, questa è una realtà con cui è necessario confrontarsi.

In questo contesto, l’industria conciaria gioca un ruolo chiave perché permette il recupero di scarti che altrimenti creerebbero seri problemi di igiene e richiederebbero uno smaltimento speciale con elevati costi di gestione.

La pelle trattata a concia al vegetale assorbe le nostre tracce, invecchia, si colora con il sole e mostra i cambiamenti e le personalizzazioni che avvengono con il tempo e con l’uso, in massima naturalezza.

La “concia al vegetale” è la più tradizionale e riconoscibile; l’unica capace di impartire alla pelle proprietà inconfondibili, versatilità d’impiego e unicità del prodotto.

Non ci credete? Andate e trovare Michela in via Busdraghi 19… e capirete di cosa stiamo parlando!

Anzi, sapete cosa vi dico: se volete vi accompagno anch’io, anche perché andare a trovare Michela e il suo laboratorio è sempre un piacere e poi magari possiamo fare un tour all’insegna della storia della pelle a Lucca… accettate l’offerta?!

Cartellino di garanzia della concia al vegetale che trovate anche sulle borse Calliphora Bags

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