Viareggio-Camaiore: il derby della scarpaccia

Quando penso ai sapori di Viareggio, della mia infanzia, mi si scalda il cuore. Dai miei ricordi emergono profumi preziosi, ormai perduti: le anguille, i pesci marinati, il cacciucco viareggino, il brodo di teste di pesce che faceva mio nonno, la sua gallinella arrosto, la torta di semolino e quella di riso e cioccolata, col liquore Strega. E poi la semplicità delle cose: i pinoli aperti con una pietra e poi mangiati nel cortile delle Scuole Pascoli o in Pineta, la focaccina bella unta l’estate al mare, i bomboloni appena fritti, che nel resto d’Italia chiamano frati o ciambelle.

Viareggio
Viareggio

Ma di tutte queste cose ce ne è forse una che più di tutte mi mette l’acquolina in bocca solo a sentirla nominare: la scarpaccia viareggina.

Piatto difficile e molto particolare, come il nome che lo identifica, la cui etimologia è dubbia. Due sono le teorie più accreditate: la prima sostiene che il nome sia legata al fatto di essere un piatto povero e di poco conto, come una vecchia scarpa; l’altra che il nome derivi dalla forma schiacciata e dalla consistenza croccante come una suola.

Fetta di scarpaccia
Fetta di scarpaccia

La ricetta è diffusa in tutta la Lucchesia e pressoché sconosciuta al di fuori di essa, e chilometro dopo chilometro muta in mille varianti, dimostrando di essere un piatto incredibilmente radicato nel territorio e nelle antiche tradizioni contadine. Le due principali ricette sono la viareggina e la camaiorese e differiscono non di poco, essendo la prima dolce e la seconda salata.

Entrambe queste città se ne conferiscono la paternità e si ritengono posseditrici dell’unica vera ricetta: l’originale, l’autentica. Ecco perché le discussioni nei gruppi locali sui social network riguardo questo argomento s’infiammano subito, restituendo un fulgido esempio di campanilismo toscano.

La realtà storica dei fatti ci dice invece che l’origine è incerta, ma che probabilmente ebbe luogo nelle campagne dell’entroterra lucchese.

La leggenda vuole che Castruccio Castracani, epico signore di Lucca dal 1320 al 1328, si spinse con il suo esercito lungo la valle del Serchio fino alla Val di Roggio, dove aveva in possesso il castello di Colognora, nel territorio di Pescaglia, ai confini con l’attuale Versilia. Rimasto privo di rifornimenti, il condottiero si rivolse ai contadini locali che gli offrirono zucchine, farina e qualche uovo. Con questi ingredienti l’addetto al vettovagliamento diede vita a un impasto che abbrustolì su braci di fortuna.

Castruccio Castracani al quale, secondo la leggenda, si deve la Scarpaccia
Castruccio Castracani al quale, secondo la leggenda, si deve la Scarpaccia

La scarpaccia, specialmente la versione viareggina, va fatta in primavera con le zucchine fresche e piccole, ancora dolciastre e non dovrebbe essere più alta di un centimetro. In passato le massaie la cucinavano con le zucchine appena raccolte dall’orto. La tradizione vuole la portassero a cuocere dal fornaio a fine giornata, quando il forno veniva spento e rimaneva ancora caldo per cuocere qualche torta.

Col tempo la ricetta originale è diventata più ricca: nella versione camaiorese (salata) si aggiungono anche cipollotti novelli e basilico, in quella viareggina (dolce) zucchero (probabilmente in passato miele) e vaniglia. A Capezzano Pianore, frazione di Camaiore, viene aggiunto anche parmigiano grattugiato.

Camaiore
Camaiore

Paolo Petroni ne Il grande libro della vera cucina toscana ipotizza che la versione camaiorese sia quella più vicina all’originale in quanto il piatto era un tempo considerato un pasto completo, o perlomeno una sostanziosa merenda. Indizi in favore di questa tesi sono il fatto che la scarpaccia è citata a Camaiore già in documenti del 1666 e che nelle campagne lucchesi, dove sarebbe nata, è maggiormente diffusa la ricetta salata.

Nondimeno, bisogna però considerare che a Lucca esiste una tradizione antichissima e peculiare, di realizzare dolci con le verdure, ben rappresentata nella Torta coi Becchi (o con le Erbe), che contiene bietola. Interessante notare che a Camaiore il nome Torta coi Becchi indica invece la Torta di Pepe, salata.

D’altra parte, né quando gustavo il gusto straordinario della scarpaccia viareggina, che nulla ha da invidiare alle blasonate clafoutis francesi, né quando facevo sostanziose merende di scarpaccia camaiorese per i vicoli stretti di questo paese collinare, mi domandavo se stessi gustando la ricetta autentica oppure no.

Semplicemente mi godevo l’attimo, i sapori della mia infanzia e giovinezza. Alla fine, forse per nostalgia, la mia scarpaccia è quella viareggina, dolce come la mia città natale. Ma, forse, la cosa migliore che posso consigliare è che veniate in Versilia e le assaggiate entrambe, perdendovi nei profumi antichi delle nostre tradizioni.

Buon appetito!

Ricette

La scarpaccia dolce e quella salata sono unite da un comune denominatore: la semplicità e la bontà Ogni famiglia custodisce gelosamente la sua ricetta, tramandata della nonna o magari dalla bisnonna.

Scarpaccia dolce viareggina (dosi per 6 persone)

  • Zucchine chiare in fiore (piccole e fresche): g 500
  • Fiori di zucca: 1 mazzetto
  • Farina bianca: g 150
  • Zucchero: g 150
  • Uova intere: 2 (alcuni addirittura la fanno senza uova)
  • Burro: g 50 (al posto del burro c’è chi mette solo olio EVO che dà un sapore più rustico)
  • 1 bustina di vanillina (opzionale)
  • 1/2 bicchiere di latte (mio nonno metteva il cognac o la strega al posto del latte)
  • Olio d’oliva
  • Un pizzico di sale

Tagliate le zucchine a fettine sottili, i fiori a filetti (eliminate i pistilli) e metteteli in una zuppiera. Cospargete con un po’ di sale e lasciate il tutto a “fare acqua” per circa mezz’ora. Nel frattempo, preparate una pastella mettendo in una zuppiera le uova, lo zucchero, la farina, il burro fuso, la vanillina, un pizzico di sale e il latte. Scolate bene dall’acqua le zucchine, asciugatele e mettetele nella pastella, girate bene, quindi versate il tutto in una teglia imburrata e infarinata (o con carta da forno) in modo che sia alto circa un centimetro. Irrorate con un filo d’olio e cuocete in forno medio (180° C) per circa 45 minuti fino a doratura. Per controllare la cottura fare la prova stecchino che deve sempre restare asciutto.

Scarpaccia salata camaiorese (dosi per 6 persone)

  • Zucchine chiare in fiore: g 500
  • 2 Cipolline bianche fresche
  • 4 Foglie di basilico (opzionale)
  • Farina bianca: g 150
  • Uova intere: 2 (alcuni addirittura la fanno senza uova)
  • Burro: g 50 (al posto del burro c’è chi mette solo olio EVO che dà un sapore più rustico)
  • 1/2 bicchiere di latte (opzionale)
  • Olio d’oliva
  • Sale
  • Pepe

Tagliate le zucchine e le cipolline a fette sottili. Preparate una pastella mettendo in una zuppiera la farina, le uova, 4 cucchiai d’olio, sale, pepe, il latte e un po’ d’acqua. Giratela bene, unite le verdure con il basilico spezzettato e amalgamate il tutto. Imburrate e infarinate una teglia (o usate la carta da forno) e versateci il composto in modo che sia alto circa un centimetro. Irrorate con un filo d’olio e cuocete in forno caldo (200 °C) per circa un’ora. La scarpaccia deve risultare sottile e croccante.

Scarpaccia camaiorese
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Gabriele Levantini nasce a Viareggio il 10 aprile 1985. Chimico per lavoro e scrittore per passione, dal 2017 gestisce il sito Il Giardino Sulla Spiaggia. Seguimi sul mio blog: https://ilgiardinosullaspiaggia.wordpress.com